PAROLA AGLI SPECIALISTI
CONSIGLI E SUGGERIMENTI DAI NOSTRI SPECIALISTI
RISPONDE IL NEUROLOGO
Risposte a cura del Dr. Augusto Scaglioni
SPORTELLO PARKINSON – Ambulatorio per la cura del Parkinson e Parkinsonismi presso la Fondazione Don Carlo Gnocchi di Parma
ALLERGIA?
Nel 2013, dopo un accurata visita, il neurologo ha diagnosticato al mio papà la malattia di Parkinson. Il farmaco prescritto è stato Sirio. A distanza di un mese si sono formate delle macchie sulla pelle che gli davano un fastidioso prurito. Il Sirio è stato sospeso ed è stato curato con il cortisone. Questa eruzione cutanea sembrava passata e il medico di famiglia ha consigliato di riprendere l’assunzione di Sirio. Ora è peggio di prima.
Rosanna
Sirio, associazione di melevodopa e carbidopa, è una formulazione altamente solubile di levodopa e si presenta in compresse effervescenti solubili in acqua. E’ un farmaco che viene assorbito rapidamente ed è particolarmente indicato nei pazienti con fluttuazioni motorie (acinesia al risveglio, no on post-prandiale, Wearing-off). Nel suo caso, probabilmente è presente un’allergia. Provi con il Madopar dispersibile due compresse alle stesse ore del Sirio. Anche il Madopar dispersibile è una formulazione di levodopa solubile in acqua a rapido assorbimento.
QUALE TERAPIA?
La malattia di Parkinson è stata diagnosticata alla mia mamma nel 2008. Ha 64 anni. Inizialmente ha tollerato bene le cure farmacologiche, ma dall’estate scorsa le cose non stanno più andando tanto bene. Ultimamente ha fastidiosi disturbi in orario serale: mancanza di salivazione, mascelle che si serrano con forza, movimenti involontari del capo. Al mattino, invece, ha difficoltà nel cammino, appena qualche passetto e poi le gambe non reggono più. Il neurologo ha consigliato l’intervento di neurostimolazione cerebrale profonda DBS. Siamo molto combattuti e impauriti, ma anche speranzosi per i benefici che l’intervento potrebbe
dare.
C.B. (Padova)
Difficile dare consigli senza aver visto la paziente, comunque nella fase avanzata della malattia di Parkinson si cerca di ottenere una stimolazione dopaminergica continua con terapie infusive con l’Apomorfina per via sottocutanea o la Duodopa via Pej). L’intervento chirurgico di neurostimolazione cerebrale profonda DBS è una possibile opzione che permette di ridurre le discinesie e di prolungare la durata delle ore di “on” nella giornata. La scelta deve essere ovviamente condivisa tra il medico proponente ed il paziente. Ognuna di queste tecniche ha vantaggi e svantaggi che è meglio e più esaustivo spiegare a quattr’occhi nel corso della visita. L’intervento di DBS dà buoni risultati e, per la sintomatologia riferita da sua madre, ritengo che possa affidarsi a questa metodica. Se vuole prima può provare la pompa con l’Apomorfina non provoca effetti collaterali quali sonnolenza o ipotensione oppure la Duodopa (levodopa-carbidopa in gel per infusione intestinale continua) che deve essere somministrata con una pompa portatile direttamente nell’intestino tramite un sistema denominato PEG/PEJ che richiede un piccolo intervento per posizionare la cannula nel duodeno. A lei ed al suo neurologo che la segue la scelta di quale metodica utilizzare.
PRESSIONE DEL SANGUE
Etá 74 anni, malata di Parkinson dal 2000, peso 95 kg.
La mia terapia farmacologica:
– Levodopa/Benserazide Teva Italia 200 mg/50 mg, assumo 3/4 di compressa ogni due ore e mezza
– Ropinirolo (Requip) una compressa la sera
– Selegilina (Jumex ) una compressa la mattina.
Appena assunta la levodopa sto molto male, non mi muovo più.
L. (Brescia)
La sintomatologia riferita può essere legata ad un’ipotensione ortostatica, poichè la L- dopa dovrebbe provocare effetti benefici sui sintomi parkinsoniani. Provi a controllare la pressione arteriosa sia coricata che dopo 3’ in piedi nei periodi in cui non sta bene. Dopo essere rimasta distesa in posizione supina per 5 minuti, si alzi rapidamente (in 3 secondi) rimanendo poi immobile e rilassata. L’improvviso passaggio dalla posizione seduta o sdraiata (clinostatismo) a quella eretta (ortostatismo) causa un brusco calo della pressione sanguigna (ipotensione ortostatica) che potrebbe essere la responsabile dei suoi sintomi.
DIFFICOLTA’ MOTORIE DI NOTTE
Ho 72 anni e mi è stata diagnosticata la malattia di Parkinson da quattro anni. Il momento peggiore è andare a letto e trascorrere la notte. Alle 24.00 la rigidità è altissima tanto che mi risulta difficile coricarmi e trovare una posizione comoda. Durante le ore notturne l’immobilità è quasi totale, procurandomi grande sofferenza. La prima compressa di levodopa delle ore 6.00 risulta la più efficace, dopo circa 15 minuti la mia mobilità è quasi normale e mi consente di svolgere anche alcune faccende domestiche.
La terapia che assumo è la seguente:
– Madopar mezza compressa alle ore 6.00 e alle 14.00 e un quarto di compressa alle ore 10.00 – 18.00 – 22.00 – 24.00
– Mirapexin a rilascio prolungato alle 23.00
– Yumex mezza compressa a colazione.
M.P.D. (Potenza)
Purtroppo la rigidità e l’acinesia notturna è un problema comune a molti pazienti parkinsoniani poiché non esistono farmaci a base di levodopa a lunga durata, capaci di coprire tutte le ore notturne. Consiglierei di cambiare il farmaco delle 22,00 con una compressa di Sinemet 100/25 (carbidopa-levodopa) RM a rilascio prolungato, posticipando la somministrazione delle 24,00 ad un ipotetico risveglio notturno, se avviene. Aumenterei poi la dose delle ore18,00 di Madopar (levodopa/ benserazide) ad almeno mezza compressa.
ESAMI CLINICI
Ho fatto la Spect cerebrale il 30/07/2014, la risposta è identica alla precedente, depone per modesta ipoperfusione in sede parientale postero-superiore sinistra in corrispondenza del precuneo-cuneo destro. Che vuole dire? La Spect cerebrale con datascan riporta parkisonismo degenerativo. Mi spieghi i due esami.
F.M. (Frosinone)
Gli esami vanno letti nel contesto della sua sintomatologia clinica, non conoscendo i suoi sintomi, non posso aiutarla più di tanto, posso solo dirle che la Spect depone per una forma di parkinsonismo degenerativo, ma non può distinguere tra una malattia di Parkinson idiopatica ed una forma atipica.
ANTICOLINERGICI
Chiedevo gentilmente con quale farmaco potrei sostituire il Disipal (orfenadrina) che non si trova più in commercio. Il neurologo mi aveva consigliato Akineton (biperidene) 2 mg a rilascio
prolungato. Però da quando lo assumo ho un senso di intontimento, torpore e rigidità. Ho 59 anni e da circa 10 anni mi è stato diagnosticato il Parkinson che tra l’altro a distanza di tempo è rimasto stabile, non è peggiorato cosa che non sa spiegarsi neanche il neurologo che mi ha in cura.
L.C. (Ravenna)
Se non sopporta l’Akineton, provi prima a ridurne la dose (mezza compressa invece di una) 3 volte al giorno oppure passi a Tremaril (metixene), vecchio farmaco anticolinergico una compressa per 2-3 volte al giorno. La forma tremorigena della malattia di Parkinson è la più benigna con progressione di malattia più lenta.
SUDORAZIONE
76 anni, in cura dal 2006, con Sinemet, Azilect, Sirio e Neupro 4. Progressione della malattia di Parkinson molto lenta, sin qui. Da qualche mese è comparso il fenomeno della sudorazione improvvisa, due/tre volte massimo al giorno. Fastidiosissima, pericolosa per eventuali colpi di freddo, sparisce poi senza lasciare conseguenze di sorta, fino alla volta successiva. Questa estate è stata fresca, e l’ho passata in montagna. La domanda è: una vacanza in Paesi caldi (Egitto) può essere “pericolosa”? Può determinare qualche tipo di scompenso grave e magari irreversibile?
L.G. (Padova)
La sudorazione eccessiva fa parte dei sintomi non motori della malattia di Parkinson, non dà problemi, ma è necessario reintegrare le perdite bevendo molta acqua specie in estate, o in regioni calde aggiungendo anche integratori salini (polase).
FUNZIONA POCO
Mi è stato diagnosticato un Parkinson vascolare nel mese di aprile scorso. Da allora assumo Madopar. Ma ho sempre difficoltà a camminare con sensazione di perdita di equilibrio. Sono già caduto due volte.
G.T. (Milano)
Purtroppo la sua malattia non risponde bene alla terapia orale per la malattia di Parkinson, tuttavia un tentativo di aumento della levodopa è plausibile. Bisogna insistere molto con la fisiokinesiterapia specie per il cammino e gli spostamenti posturali.
MIRAPEXIN NO PIANO TERAPEUTICO
Vorrei sapere se per la rimborsabilità del Mirapexin è stato reso obbligatorio il piano terapeutico solo in qualche regione o in tutta Italia, premetto che sono campano.
S.G. (Napoli)
Il piano terapeutico per il Mirapexin non ci vuole. In alcune regioni tipo l’Emilia Romagna, per questioni inerenti la spesa sanitaria, il farmaco viene distribuito dalla farmacia dell’ospedale.
DISTURBI DI COMPORTAMENTO
Chiedo il vostro supporto per comprendere meglio la situazione in cui versa attualmente il mio papà, affetto da Parkinson da circa 15 anni (oggi ha 66 anni). Il primo settembre è stato sottoposto all’intervento di stimolazione cerebrale profonda DBS, ma per il secondo elettrodo ci sono stati dei problemi che non hanno permesso di posizionarlo. Inoltre si è verificato un lieve sanguinamento (esa) causandogli alcuni giorni di stato soporoso e febbre. Quando si è svegliato non ricordava nulla dell’intervento, ma tutto del passato. Oggi ha pienamente recuperato la memoria ma dopo l’accensione dell’elettrostimolatore sta manifestando disturbi comportamentali quali ipomania, disinibizione, irritabilità con mia madre… a cosa sono dovuti questi disturbi della personalità? All’elettrostimolatore o all’esa? Cosa devo aspettarmi nei prossimi giorni? Vi ringrazio anche se so che al momento bisogna affidarsi ai medici…ma avere un vostro parere mi aiuterebbe anche a interloquire meglio con loro.
D.P. (Frosinone)
La patogenesi dei disturbi psichiatrici di suo padre è multipla e legata sia all’edema cerebrale creatosi dopo l’intervento che ai farmaci antiparkinson ed ovviamente anche alla DBS. I fenomeni dovrebbero attenuarsi nei prossimi mesi quando si regolarizzerà la funzione cerebrale ed i medici che lo seguono avranno trovato il giusto compromesso tra terapia farmacologica e stimolazione cerebrale profonda. Abbia quindi pazienza e fiducia nei medici che la seguono.
SINDROME PARKINSONIANA: MSA-C
D. Circa 3 anni fa alla mia mamma (ora 64enne) è stata diagnosticata l’atrofia multisistemica di tipo cerebellare (MSA-c). Il neurologo che la segue le ha prescritto la terapia con Madopar (4 compresse/die) + Jumex (1 compressa/die) + sertralina (2 compresse/die) e ultimamente ha anche consigliato di farle assumere un’integrazione di carnitina per darle un po’ più di forza. Inoltre, assume Gutron “a necessità” poiché le capita, circa due volte al giorno intorno alle 9.30 e alle 16.30, che si abbassi molto la pressione arteriosa.
Il neurologo ha spiegato che questo potrebbe essere un effetto collaterale della levodopa. In più effettua una seduta di fisioterapia a settimana. Fino a un paio di mesi fa, mia madre riusciva a muoversi e a camminare abbastanza bene: aveva ovviamente degli evidenti problemi di postura (il suo corpo tende a curvarsi a sinistra e la sua spalla sinistra è più bassa rispetto alla destra), forte rigidità muscolare, bradicinesia e faceva fatica anche ad eseguire delle azioni anche se di breve durata. Purtroppo, negli ultimi tempi, tutte queste difficoltà si sono acutizzate ed ora dice di non sentirsi più sicura nel camminare da sola. Inoltre soffre, sin dal primo momento della diagnosi, di depressione. Abbiamo provato anche a farle fare sedute di psicoterapia, ma lei dopo poco ha rifiutato questo tipo di cure sia per motivi pratici (diceva che non ce la faceva ad andare dallo psicologo) sia perché sosteneva di non vedere miglioramenti da quel punto di vista. Ora, ormai, tranne occasioni sporadiche, non esce più di casa, cosa che sicuramente contribuisce negativamente sul suo stato emotivo. Da quando le è stata diagnosticata questa patologia, sostiene che noi familiari, in accordo con il neurologo, le stiamo nascondendo la sua vera malattia; questo pensiero è ormai diventato un’ossessione per lei e ci colpevolizza per questo di continuo. Negli ultimi tempi si sono fatti, peraltro, abbastanza evidenti anche i disturbi della parola ed è comparso un po’ di tremolio, del tutto assente all’esordio di malattia. Alla luce di tutto ciò, esistono per questi casi delle terapie alternative?
C.D Napoli
R. Purtroppo la MSA – C non si presta alle cure come vorremmo noi medici e soprattutto gli stessi pazienti. I farmaci possono aiutare entro certi limiti. La forma di malattia di cui soffre sua madre appartiene al Parkinson atipico. Vi sono diversi farmaci che possono essere dati in aggiunta alla terapia prescritta che possono dare qualche aiuto:
– cloridrato di amantadina (Mantadan) che richiede una visita cardiologica prima del suo inizio e dopo 15 giorni dal suo inizio oltre ai controlli periodici
– impiego degli antiglutamergici (memantina e riluzolo)
– inibitori dell’acetilcolinesterasi (Exelon cerotti).
Per il Gutron (Midodrina Cloridrato) è giusto che sia assunto perché contrasta l’ipotensione ortostatica. Nella terapia sono stati presi in considerazione i farmaci serotoninergici, utili nelle forme cerebellari. Torno a ripetere che però non disponiamo di farmaci specifici per questa forma di malattia anche se è sempre giustificato provare. Nella variante cerebellare prevalgono i disturbi della coordinazione motoria e dell’equilibrio. La neuroriabilitazione, mediante la fisiokinesiterapia, può cercare di migliorare alcuni aspetti motori e deve essere
durevole e permanente. In genere consigliamo anche la terapia logopedica che può curare sia il linguaggio che i disturbi della deglutizione.
PSP: QUALI CURE
D. Mio marito ha 70 anni e gli è stato diagnosticato un Parkinsonismo atipico, la Paralisi Sopranuclare Progressiva PSP.
Dal momento della diagnosi ad oggi, è peggiorato gradatamente nei movimenti e nel linguaggio. Ha iniziato, fin dall’inizio della malattia, ad effettuare sedute di fisioterapia e di logopedia.
Vorrei informazioni su come affrontare nel modo migliore questa situazione.
G.S., Roma
R. Lei sta percorrendo la strada giusta che vede privilegiare la fisioterapia e la logopedia nel trattamento della PSP. Sul piano farmacologico pur non disponendo di farmaci specifici, dobbiamo vedere innanzitutto se la levodopa può aiutare suo marito.
In genere, occorrono dosaggi di levodopa più alti di quelli usati nella malattia di Parkinson tipico. Poi, si suggerisce di provare anche altri farmaci usati nella cura del Parkinson tipico per vedere se vi è una risposta ad essi, come gli agonisti dopaminergici (Requip, Mirapexin, Neupro), gli antiMAO (Jumex, Azilect o Xadago), il Comtan (entacapone) e Ongentys (opicapone) inibitori degli enzimi COMT (catecol-O-metiltransferasi) che degradano la levodopa a livello periferico.
Se è possibile, si può fare anche un tentativo con Mantadan (Amantadina Cloridrato). Vi sono poi anche cure d’appoggio quali Samyr, Citicolina, Epargriseovit, vitamina D3. Sono sicuro che si può aiutare. Non si perda d’animo. A parte i farmaci cui si può ricorrere, l’amore che ha per suo marito è sempre, in tutti i casi e in tutte le situazioni, la medicina migliore di cui disponiamo.
TERAPIA PER IL DOLORE
D. A mia madre di 76 anni, da diversi anni gli è stata diagnosticata una forma atipica di parkinsonismo.
Vi scrivo per avere informazioni sul trattamento del dolore e quali terapie sono attualmente disponibili per alleviare questo aspetto della sua malattia.
Purtroppo, negli ultimi tempi, i dolori alla schiena e agli arti superiori sono diventati frequenti ed il trattamento attualmente in uso non risponde a sufficienza per calmare questi dolori. Il nostro medico di famiglia ritiene utile la somministrazione di oppiacei come antidolorifici che però inciderebbe negativamente sulla lucidità e sull’umore della paziente che invece è di norma molto lucida e attenta. Ci siamo sempre affidati ai classici antidolorifici, provandone prima uno poi un altro e via così, senza però trovare una terapia che fosse effetti vamente soddisfacente.
M.F. Varese
R. Posso comprendere le sue perplessità ad iniziare un trattamento oppiaceo anche se il loro impiego potrebbe essere corretto. Se pensiamo alla malattia di base, potrebbe anche esserci una forma algica imputabile al parkinsonismo e in questo caso va aggiustata la terapia antiparkinsoniana. Tuttavia, prima di intraprendere la terapia oppiacea, occorre escludere lesioni secondarie ed anche una positività alle prove per l’artrite reumatoide o ad altre forme di artropatia a tipo artrite.
Lei non mi porta a conoscenza di tutti i dati strumentali attinenti alle aree cerebrali colpite dal dolore, in particolare a livello rachidiano. Occorre quindi una valutazione neurologica che studi eventuali danni o lesioni. Sarebbe utile anche una visita reumatologica. Per una neuropatia, se vi sono gli estremi per formulare la diagnosi di tipo cervico-brachialgia, è necessario eseguire un esame elettromiografico (EMG) arti superiori. Utile è effettuare anche i marker oncologici (CEA, alfafetoproteina, Ca 19-9, Ca125, Ca15-3) oltreché controllare anche: fosfatasi alcalina e acido urico. Come tentativo farmacologico il tramadolo, un antidolorifico (analgesico) appartenente al gruppo degli oppiacei per il trattamento del dolore da moderato a grave, è il farmaco più raccomandabile (fino ad 1 cpr x 3 oppure fino a 20 gtt x 3) con protezione gastrica. Ci si può rivolgere anche ai farmaci tipo pregabalin (Lyrica) iniziando con un dosaggio da mg 25 e poi progressivi aumenti. Lyrica è indicato soprattutto per dolori nevralgici (come scosse elettriche e a fitte) e dev’esserne valutato il suo uso in caso di altri dolori, anche per gli effetti collaterali, che possono essere di tipo psichico, in particolare irritabilità. Va usato con attenzione nel Parkinson, specie se già complicato.
DEPRESSIONE
Sono figlia di una malata di Parkinson. E’ da circa sette anni che la mia mamma convive con questa malattia ed ancora oggi non è riuscita ad accettarla. E’ sempre depressa, soffre di insonnia ma la cosa che la fa stare veramente male è che la sua postura va sempre più a peggiorare. Oltre ad essere inclinata in avanti, è anche inclinata sul lato destro. Questo le comporta dolori forti al fianco. Fa fisioterapia ma con scarsi risultati. Quale ginnastica sarebbe più adatta alle sue condizioni fisiche?
Cinzia
In questi casi è importante agire sul piano psicoemozionale. Vi sono terapie antidepressive ben tollerate dai malati parkinsoniani. Innanzitutto i farmaci inibitori della serotonina che risultano anche compatibili con le altre cure antiparkinson (ad esempio con la rasagilina, Azilect® compresse), tra questi i più impiegati sono il citalopram (Elopram®, Seropram®) e l’escitalopram (Entact®, Cipralex®).
E’ disponibile da poco un nuovo farmaco l’agomelatina (Valdoxan® 25 mg) che ha la capacità di legarsi ai recettori della melatonina (MT1 e MT2), di modulare i ritmi circadiani e di esercitare un effetto antidepressivo i cui risultati clinici sono soddisfacenti. Va assunto evidentemente la sera (come la melatonina) iniziando da mezza compressa, purtroppo il suo costo non è coperto dal Servizio Sanitario Nazionale. Si consiglia in associazione all’ago-melatina anche il Samyr® 400 compresse (solfo-adenosil-L-metionina) alla dose di mezza compressa il mattino che può essere utile anche in senso antidepressivo.
L’agomelatina (Valdoxan®) regolarizza anche le fasi del sonno del malato parkinsoniano che sono quasi sempre, per non dire sempre, più o meno alterate nei loro meccanismi fisiologici.
Pure raccomandabili sono le cure psicoterapeutiche: attualmente è più utilizzata la terapia cognitivo-comportamentale che raggiunge risultati favorevoli in meno di 5-30 sedute.
L’inclinazione del tronco di lato ed in avanti risponde bene alla fisiochinesiterapia (FKT) però va detto che i suoi risultati non sono durevoli per cui occorre insistere e “non mollare mai o quasi mai”, quindi è necessario effettuare diversi cicli all’anno di FKT.
Va detto che le deviazioni del tronco non rispondono pienamente, come si vorrebbe, alla terapia farmacologica antiparkinson che ovviamente va anche ben impostata.
Per questo aspetto si consulti con il suo neurologo di fiducia. Sul piano dietetico viene sollecitata sempre una dieta ipoproteica a mezzogiorno, ancora più nel caso in cui fossero presenti fluttuazioni motorie.
A mio avviso un’impostazione globale della terapia su più fronti, sul piano farmacologico, riabilitativo, psicologico e dietetico, diviene prioritaria per contrastare i sintomi lamentati.
ALTERAZIONE DELLA POSTURA
La mia mamma segue la seguente terapia nel corso della giornata: di mattina assume una compressa di levodopa e di Mirapexin®, di pomeriggio un’altra compressa di levodopa e di nuovo Mirapexin®, di sera la stessa cosa e in più per l’insonnia assume il farmaco antidepressivo Zoloft®. Il tremore non è poi così forte (a parte quando dimentica di assumere le pillole). Quello che è più visibile in lei è l’inclinazione del tronco piegato su un lato e in avanti. La terapia fisica consigliata la fa di già . Da una visita ortopedica le hanno detto che l’alterazione della postura è dovuta alla malattia di Parkinson. La sua grande paura è di non poter stare più in piedi e cerca aiuto consultando vari ortopedici i quali sostengono che dipende tutto dalla malattia di Parkinson. Mi chiede se un busto ortopedico potrebbe migliorare e sostenere la sua postura.
La terapia farmacologica usata appare modesta e quindi indica che vi è una forma iniziale moderata e non complicata di malattia.
In questi casi si consiglia di utilizzare largamente i farmaci anticolinergici come l’amantadina (Mantadan®).
E’ d’obbligo, con l’utilizzo di questo farmaco, eseguire un elettrocardiogramma (ECG) prima di iniziare la cura e dopo 15 giorni dall’inizio di essa.
Altro gruppo di farmaci raccomandato è quello degli agonisti dopaminergici non ergolinici: pramipexolo (Mirapexin® eMirapexin RP® formulazione a rilascio prolungato), ropinirolo (Requip® e Requip RP® a lento rilascio) ed inoltre la rotigotina somministrata mediante cerotto transdermico a rilascio graduale (Neupro®) da applicare ogni 24 ore.
Un altro farmaco consigliato è la rasagilina (Azilect®), la posologia è di una compressa di 1 mg al dì, non ha importanza l’orario di assunzione né il rapporto con il pasto.
A questi farmaci viene anche attribuita la possibile proprietà di contrastare la progressione della malattia.
La levodopa va iniziata dopo aver usato gli altri farmaci e si rende necessaria quando gli altri farmaci di prima scelta sono meno efficaci: va assunta in ogni caso a dosaggi modesti. Si prega fortemente, se utilizza la levodopa, di assumerla lontano dai pasti, un’ora prima o due ore dopo per facilitarne l’assorbimento.
Se lo Zoloft® (sertralina cloridrato) aiuta la paziente a dormire può continuarlo. Tenga presente, come le ho già detto, che è ora disponibile in farmacia l’agomelatina, un antidepressivo melatoninergico che agisce sul sistema della melatonina (Valdoxan® 25 mg).
Sia l’inclinazione del tronco in avanti (camptocormia) che quella laterale (a torre di Pisa) non sono purtroppo responsivi a rimedi specifici compresa la neurochirurgia (Deep Brain Stimulation DBS con applicazioni di elettrodi profondi).
La fisiochinesiterapia FKT con esercizi specifici può essere d’aiuto.
La paziente riuscirà sempre a stare in piedi, questo è certo.
L’inclinazione non impedisce il mantenimento della stazione eretta. Il busto ortopedico o altro sostegno hanno valore solo per stabilizzare la posizione mentre si cammina.
Ben vengano i busti ortopedici oppure il collare cervicale semirigido se c’è da sostenere il capo, ad esempio, ma hanno valore limitato. Possiamo agire su tanti campi della malattia di Parkinson ma questo disturbo sfugge alle cure.
La ricerca scientifica sta individuando, a livello cerebrale, i nuclei responsabili di questo sintomo (peduncolo – pontino?) e speriamo che questo possa essere d’aiuto nelle cure. Non accetto quindi il fatto che lei si perda d’animo ed ancor più la paziente poiché è possibile che si possa trovare a breve anche una soluzione per questo disturbo parkinsoniano.
Con una terapia farmacologica più mirata potrebbe ridurre la progressione dell’inclinazione del tronco, è però un’ipotesi, non si hanno certezze. Io non vedrei la situazione così nera, ho osservato tanti casi simili a quello di sua madre che si sono difesi bene ed hanno il vantaggio, rispetto ad altre forme di Parkinson, di non andare incontro al decadimento mentale e anche gli altri segni neurologici hanno un’evoluzione più contenuta. Ne parli con il suo neurologo di fiducia.
LA TERAPIA NON FA EFFETTO
Ho 64 anni e circa quattro anni fa mi è stato riscontrato un inizio di bradicinesia con accenni di Parkinson, per la quale mi è stata prescritta una terapia da seguire: Mirapexin®, sostituito poi da Requip®. Attualmente assumo solamente il Requip e mi è stato da poco aggiunto, sotto mia richiesta, il Madopar® 100 mg + 25 mg, una compressa al giorno e il Mantadan® 100 mg.
Nonostante tale terapia, noto un rallentamento nei movimenti (senza alcun tremore), inappetenza e un costante stato di agitazione.
Tengo a precisare che tale cura è stata iniziata da poco tempo (circa 10 giorni). Quali sono più o meno i tempi da attendere perchè una cura con tali farmaci possa avere effetto?
La richiesta di Madopar®, un farmaco a base di levodopa e benserazide, è corretta e giustamente le è stato dato un dosaggio minimo nella fase iniziale della malattia (la levodopa infatti è meglio utilizzarla nelle fasi di maggiore gravità della malattia). In questa prima fase in un Parkinson classico si utilizzano gli agonisti-dopaminergici non ergolinici: pramipexolo cps (Mirapexin®), ropinirolo cps (Requip®) e rotigotina (Neupro® in cerotto) e per alcuni casi clinici anche due farmaci ergolinici insieme se indicato. Sono molto favorevole ad una terapia con questi farmaci poiché da recenti studi sarebbe emersa una certa azione di contenimento della progressione della malattia. Giusto l’utilizzo degli anticolinergici come l’amantadina (Mantadan®): per quest’ultimo farmaco deve eseguire un elettrocardiogramma ECG prima del suo utilizzo e dopo 15 giorni dal suo inizio facendo particolare riferimento al QT corretto (QTc) che indica la fase di ripolarizzazione ventricolare cardiaca. Se ha già iniziato l’amantadina (Mantadan®) chieda quindi di fare al più presto un ECG. L’uso dell’amantadina (Mantadan®), come per gli altri farmaci anti-colinergici, richiede anche una visita oculistica con controllo del tono oculare, profondità e contorni di camera anteriore. Questa visita è necessaria soprattutto se vi fossero casi di glaucoma (cioè di ipertensione oculare) in famiglia. E’ necessario – direi indispensabile – eseguire la fisiochinesiterapia con regolarità, almeno 2-3 cicli all’anno essendo molto utile per mantenere una buona motilità ma i suoi benefici non sono durevoli e quindi i cicli vanno ripetuti. Si ricordi anche che la levodopa va assunta lontano dai pasti, un’ora prima o due ore dopo i pasti. Lei chiede quanto tempo è necessario ai farmaci per espletare il loro effetto. Al riguardo occorre avere una giusta attesa e variare – sotto controllo specialistico – le dosi in base alla risposta ed alla tolleranza del paziente. Nel suo caso, non conoscendo le posologie dei farmaci usati, diventa difficile rispondere a questa domanda. Tuttavia, è importante effettuare controlli specialistici ravvicinati finchè non si è trovata la posologia ottimale.
Purtroppo non vi è la guarigione con i farmaci impiegati ma il Parkinson tipico ha un decorso decisamente benigno rispetto ai casi atipici e si può controllare bene anche per lungo tempo. Nei primi stadi di malattia alcuni colleghi non impiegano farmaci mentre io sono favorevole all’uso di farmaci a cui viene riconosciuta una certa azione neuroprotettiva.
FREEZING
Da parecchi mesi soffro di freezing tutti i neurologi da me contattati escludono nel modo più tassativo che io soffra della malattia di Parkinson ma finora non ritengo di avere raggiunto un grado di benessere soddisfacente con le cure che mi sono state prescritte. L’ultimo neurologo che mi ha visitato mi ha prescritto come farmaco il Neupro una serie di cerotti da utilizzare ogni 24 ore. Ora chiedo se tale cura può portare dei benefici. Aldo
Il freezing (un blocco motorio improvviso) può essere un sintomo del Parkinson in rapporto alla progressione della malattia. Anzi è un segno iniziale del difetto di tolleranza della levodopa ed è presente – anche se in grado minore – anche con l’impiego degli agonistidopaminergici.
Il neurologo le ha dato senz’altro un’indicazione giusta che lei deve osservare: sono convinto che con i cerotti a base di rotigotina (Neupro) avrà vantaggi concreti sui suoi disturbi.
Un altro farmaco che può essere aggiunto – se non è già nel suo schema terapeutico – è la rasagilina (Azilect) un anti-MAO che potrebbe essere utile nell’eliminazione dei disturbi lamentati e nel rallentare la pro-gressione della malattia. Per la rasagilina occorre il progetto terapeutico che autorizzi il ritiro in farmacia del farmaco (Azilect). Se non riuscisse ad ottenere il progetto terapeutico può usare la selegilina (Jumex). Vedrà che con i suggerimenti del suo neurologo di fiducia senz’altro il disturbo dovrebbe essere controllato. Possono essere utili anche prodotti ad azione neurotrofica e neuro-protettiva con l’effettuazione di cicli: la citicolina 500 (una fiala intramuscolare al dì per cicli di 20 giorni) ed il Samyr 400 (può assumere una compressa dopo colazione oppure una fiala intramuscolare al dì per cicli di 20 giorni).
GIOCO D’AZZARDO
Dopo una cura con Mirapexin , 2,1 mg. compresse a rilascio prolungato, con problema di gioco d’azzardo, ho deciso di fare un consulto con un altro neurologo che mi ha prescritto il Mirapexin 0,52 mg compresse da assumere dopo colazione, Madopar 100+25mg disperdibile. Questa è la terza notte che non dormo. Giovanni
Da parte del collega è stato indicato un giusto trattamento in quanto l’orientamento attuale ritiene gli agonistidopaminergici (in questo caso il pramipexolo, Mirapexin) i principali responsabili dell’impulso irrefrenabile al gioco d’azzardo. Si è quindi proceduto giustamente ad una riduzione graduale del pramipexolo (Mirapexin) fino ad arrivare alla sua definitiva sospensione. Quindi vi è il passaggio alla som-ministrazione del Madopar 100/25 mg dispersibile, che è l’indicazione giusta.
La reazione dell’insonnia, intervenuta dopo il conseguente aggiustamento terapeutico, è insorta successivamente alla riduzione del pramipexolo (Mirapexin) e si può pensare, come ipotesi, ad un effetto tipo astinenza. In questo caso è corretto procedere ad una riduzione più graduale del farmaco.
Per l’insonnia potrebbe in alternativa assumere alcune gocce sublinguali di Rivotril (clonazepam) da 4 a 5 gocce, essendo il sonno indispensabile per un soggetto.
Per la somministrazione serale consiglio di sostituire la formulazione di Madopar disperdibile 100/25 mg con mezza compressa di Madopar 100/25 mg RP a rilascio prolungato (oppure una compressa se ½ compressa non fosse sufficiente).
Il Rivotril si fa preferire essendo fra tutte le benzodiazepine quella che dà il grado minore di assuefazione (pur essendo il più incisivo tra le benzodiazepine) e può essere sospeso senza l’insorgenza di fenomeni di astinenza, od almeno la sua sospensione può essere effettuata più rapidamente rispetto ad altre benzodiazepine e senza disturbi.
L’assunzione di questo farmaco dipende dalla sua insonnia, cioè se riesce o meno a dormire. In conclusione, seguirei una sospensione più soft del Mirapexin ed il cambio del Madopar dal dispersibile al RP cioè a lento meccanismo d’azione, quindi più soft, e soprattutto aggiungerei un ipnoinduttore (Rivotril).
GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA LEVODOPA
Mio padre che ha quasi 88 anni, presenta alcuni sintomi parkinsoniani (lentezza nei movimenti, difficoltà a deglutire e scrittura molto piccola). Non ha tremore. Il neurologo che lo ha visitato ha prescritto la levodopa (Sinemet® 100/25).
Vorrei sapere se il Sinemet® procura effetti collaterali rischiosi per una persona così anziana.
Se il trattamento farmacologico non va bene si può interrompere? Dopo quanto si hanno i benefici? Quando compaiono i primi effetti collaterali (movimenti involontari, fluttuazioni motorie)?
Gli effetti collaterali più frequenti della levodopa sono quelli gastrici: nausea e vomito.
Iniziando la terapia lentamente, ad esempio mezza compressa di Sinemet® (Levodopa/Carbidopa) alla sera per alcuni giorni e poi aumentando il dosaggio di mezza compressa ogni tre giorni (alle ore 8,00 e alle ore 20,00 ) e così via fino ad arrivare a tre compresse, non dovrebbero esserci problemi.
All’inizio la terapia può essere somministrata dopo i pasti, per cercare di ridurre gli effetti collaterali, poi se viene assunta 45 minuti/un’ora prima dei pasti viene assorbita in quantità maggiore; se dovesse esserci nausea o vomito si può associare il Motilium (uno-due cucchiai mezz’ora prima della terapia con il Sinemet).
Occorre inoltre monitorare anche la pressione arteriosa (PA) in clinostatismo (cioè a paziente coricato) e subito dopo in ortostatismo (in piedi) per escludere cali pressori possibili, soprattutto nelle ore post-prandiali.
I primi benefici dovrebbero vedersi dopo circa un mese di terapia ed alla dose indicata.
Penso che le discinesie si possono manifestare solo dopo qualche anno, ma molto dipende da tante variabili, quali: la dose giornaliera e complessiva di levodopa, il numero di somministrazioni, l’età del paziente (negli anziani le discinesie si manifestano più tardivamente), ecc.
I rischi di effetti collaterali sono tuttavia inferiori rispetto ai benefici che la terapia con levodopa può portare alla qualità della vita di suo padre.
TERAPIA INIZIALE
Mio padre che ha quasi 88 anni, presenta alcuni sintomi parkinsoniani (lentezza nei movimenti, difficoltà a deglutire e scrittura molto piccola). Non ha tremore. Il neurologo che lo ha visitato ha prescritto la levodopa (Sinemet® 100/25).
Vorrei sapere se il Sinemet® procura effetti collaterali rischiosi per una persona così anziana. Se il trattamento farmacologico non va bene si può interrompere? Dopo quanto si hanno i benefici? Quando compaiono i primi effetti collaterali (movimenti involontari, fluttuazioni motorie)?
R. Gli effetti collaterali più frequenti della levodopa sono quelli gastrici: nausea e vomito. Iniziando la terapia lentamente, ad esempio mezza compressa di Sinemet® (Levodopa/Carbidopa) alla sera per alcuni giorni e poi aumentando il dosaggio di mezza compressa ogni tre giorni (alle ore 8,00 e alle ore 20,00 ) e così via fino ad arrivare a tre compresse, non dovrebbero esserci problemi.
All’inizio la terapia può essere somministrata dopo i pasti, per cercare di ridurre gli effetti collaterali, poi se viene assunta 45 minuti/ un’ora prima dei pasti viene assorbita in quantità maggiore; se dovesse esserci nausea o vomito si può associare il Motilium (uno-due cucchiai mezz’ora prima della terapia con il Sinemet).
Occorre inoltre monitorare anche la pressione arteriosa (PA) in clinostatismo (cioè a paziente coricato) e subito dopo in ortostatismo (in piedi) per escludere cali pressori possibili, soprattutto nelle ore post-prandiali.
I primi benefici dovrebbero vedersi dopo circa un mese di terapia ed alla dose indicata. Penso che le discinesie si possono manifestare solo dopo qualche anno, ma molto dipende da tante variabili, quali: la dose giornaliera e complessiva di levodopa, il numero di somministrazioni, l’età del paziente (negli anziani le discinesie si manifestano più tardivamente), ecc.
I rischi di effetti collaterali sono tuttavia inferiori rispetto ai benefici che la terapia con levodopa può portare alla qualità della vita di suo padre.
DUODOPA® E APOMORFINA®
La mia mamma ha la malattia di Parkinson dal 1998.
Dopo tutti questi anni i farmaci non le danno più sollievo e la neurologa le ha proposto la Duodopa®.
La Duodopa® è una preparazione di levodopa solubile che richiede una via di somministrazione duodenale mediante PEG (un sondino direttamente nel duodeno). Questo permette di mantenere le concentrazioni ematiche della levodopa costanti e di conseguenza anche la concentrazione di dopamina nei gangli della base rimangono stabili per cui la paziente è sbloccata nelle ore diurne. E’ necessario un ricovero ospedaliero per posizionare la PEG e regolare la pompa che somministra il farmaco, ma i risultati sono eccellenti.
Un’altra strategia è l’apomorfina che viene somministrata sempre attraverso una pompa nel sottocute del paziente e permette di mantenere una buona mobilità nelle ore diurne.
E’ forse meno invasiva della Duodopa® e se la paziente la sopporta i risultati sono sempre buoni.
Anche in questo caso è necessario un ricovero ospedaliero.
REQUIP® E LE ALLUCINAZIONI
Mio marito assume da alcuni mesi il Requip® (ropinirolo) ad un dosaggio di 2 mg ed ha migliorato notevolmente i movimenti e l’autonomia ma ha frequenti allucinazioni. Dice di vedere spesso delle persone dentro casa e di avere anche sogni terribili dai quali si sveglia di soprassalto.
Il Requip® (ropinirolo) è un ottimo farmaco, ma effettivamente può provocare la comparsa di allucinazioni anche se il dosaggio di 2 mg è molto basso, questi disturbi potrebbero, quindi, anche non dipendere da questo farmaco. Il sonno agitato, può invece far parte dei disturbi non motori della malattia di Parkinson e va inquadrato nel disturbo comporta-mentale del sonno REM.
Le consiglierei di passare alla formulazione di Requip® a rilascio prolungato lasciando invariata la dose a 2 mg al mattino.
DISCINESIE
Sono affetto dalla malattia di Parkinson da circa 15 anni, ora ho 57 anni. Da alcuni mesi ho problemi per il dosaggio dei farmaci. Vado cioè soggetto a blocchi motori se riduco la dose dei farmaci antipakinson oppure a movimenti involontari se l’aumento. Sono stata da diversi specialisti ma le cose sono cambiate poco.
Le discinesie sono legate essenzialmente alla breve emivita della levodopa. Per ridurle, si suggerisce di utilizzare farmaci con una più lunga emivita tipo il Requip® (ropinirolo) a rilascio prolungato con un dosaggio fino a 24-30 mg e contemporaneamente ridurre la dose di Sirio® (melevodopa). Se non vi fossero risultati soddisfacenti, si può provare a posizionare una pompa per la somministrazione di apomorfina per via sottocutanea, prima di rivolgersi a un neurochirurgo per un possibile intervento di neurostimolazione profonda con l’impianto di elettrodi (DBS).
IL DOLORE MUSCOLARE
Per i dolori muscolari nella malattia di Parkinson, quali farmaci analgesici è possibile usare?
II dolori muscolari nella malattia di Parkinson possono avere svariate cause, la più importante è ovviamente la ricomparsa della rigidità nelle ore notturne legata ad una mancanza della terapia antiparkinson. Altre cause di dolore sono le distonie, cioè posture coatte legate sia alla malattia che ad un deficit oppure ad un eccesso di terapia. E’ ovvio che prima di poter trattare il dolore è necessario conoscere cos’è che lo genera poiché, forse, una rivalutazione della terapia antiparkinson può essere già efficace.
PARKINSON SCOMPENSATO
Un mio caro parente è affetto dalla malattia di Parkinson da circa dieci anni.
Ho vissuto, fin dall’inizio, insieme a lui, tutti i disagi causati dalla malattia.
Inizialmente era solo preoccupato di questo nuovo stato ora, che sono passati quasi dieci anni e che le discinesie (movimenti involontari) e i dolori muscolari lo tormentano, è molto spaventato.
Durante il decorso della malattia ha sempre seguito diligentemente tutte le istruzioni degli specialisti sia per quanto riguarda la terapia farmacologica, sia per quanto riguarda le terapie riabilitative.
Ha effettuato con costanza gli esercizi di fisioterapia e quelli per la rieducazione del linguaggio.
Le sue condizioni di salute, in tutti questi anni, sono state discrete ed ha anche beneficiato di una buona autonomia.
Questi ultimi mesi, però, sono i peggiori che ha vissuto fino ad ora a causa dei disturbi che lo affliggono dovuti a forti discinesie, a dolori muscolari, a crampi agli arti ed a un notevole deperimento fisico. L’ultimo ricovero ospedaliero è avvenuto qualche mese fa.
Lo scopo era quello di migliorare la terapia farmacologica però, nonostante le modifiche effettuate dallo specialista, non è stato riscontrato alcun miglioramento.
La domanda che si pone è questa: “cosa dobbiamo fare?”.
Se dalla terapia farmacologica non è possibile ottenere alcun risultato positivo, se i blocchi motori (fenomeno “on-off”) sono molto frequenti, se i movimenti involontari (discinesie) sono così violenti da non permettere al malato di camminare oppure se i dolori muscolari sono così intensi da non farlo neppure dormire durante la notte allora, per queste situazioni così estreme, potrebbe essere opportuno ricorrere alla pallidotomia (un intervento chirurgico lesivo di una area cerebrale del Globus Pallidus) oppure all’impianto di un neurostimolatore a livello di alcune strutture profonde del cervello (nuclei della base) dove hanno origine i disturbi del morbo di Parkinson.
RISPETTARE SEMPRE LA TERAPIA
Sono una ammalata di Parkinson e alcune volte, quando avverto il sopraggiungere dei sintomi della malattia, anticipo l’orario di assunzione del farmaco oppure ne assumo un dosaggio maggiore.
Il mio è un comportamento corretto? E’, invece, più opportuno rispettare scrupolosamente la terapia prescritta sia nel dosaggio che negli orari, pur stando male?
Secondo la mia esperienza di neurologo un comportamento che il malato non deve mai adottare è di assumere il “pezzettino” di compressa in più oppure di spostare l’orario di assunzione della terapia, senza prima avere consultato il medico.
Se questo accade, lo specialista che cura il malato non potrà mai avere dei punti di riferimento certi per migliorare la terapia ed adattarla alle condizioni soggettive del paziente, ove se ne presenti la necessità.
Se il malato dice: “sono bloccato dalle ore 10 alle ore 11”, lo specialista, valutando il tipo di terapia, è in grado di apportarvi le giuste correzioni: aggiungere, ad esempio, una dose maggiore di levodopa, prescrivere un farmaco dopaminoagonista o, comunque, mettere in atto qualsiasi altra strategia terapeutica avente l’obiettivo di eliminare (o, quanto meno, di alleviare) i problemi ed i disagi del paziente.
Il mancato rispetto da parte del malato sia dei tempi di assunzione del farmaco, sia del dosaggio farmacologico crea notevoli difficoltà al controllo effettivo della malattia.
E’ importante, quindi, che il paziente rispetti il dosaggio e gli orari stabiliti nella somministrazione dei farmaci. Anche se ciò potrà significare avere delle discinesie, dei blocchi motori improvvisi, delle allucinazioni…insomma “succeda quel che succeda”.