I PROBLEMI NON MOTORI
– Problemi urologici
– Stipsi
– Ipotensione ortostatica
– I disturbi psicotici
– Depressione
– Deficit di memoria
– I disturbi del sonno
– L’ipersalivazione
– Respirazione
– I disturbi sessuali
– Il dolore
– I crampi al piede
– I comportamenti compulsivi: Gioco d’azzardo, shopping sfrenato, ipersessualità
– La pelle
I PROBLEMI NON MOTORI E TERAPIE
I disturbi non motori del paziente parkinsoniano rappresentano un po’ la cenerentola tra le problematiche causate dal morbo di Parkinson per tante considerazioni che andremo ad esporre o, quanto meno, questi disturbi attirano minori interesse e attenzione sul piano scientifico.
In primis, disponiamo di studi e di osservazioni che hanno permesso di individuare interventi, strategie utili per controllare questo tipo di disturbi ma non abbiamo certo a disposizione farmaci così efficaci come la levodopa per poterli curare.
E’, quindi, più difficile riuscire a risolverli. E’ più difficile anche perché, e questo va sottolineato, con la progressione della malattia, gli stessi farmaci antiparkinson utilizzati provocano disturbi anche di tipo non motorio. Tra i primi, gli anticolinergici che purtroppo causano diversi problemi: stipsi, disturbi oculari (tra cui il glaucoma), problemi di ritenzione urinaria e, soprattutto, presentano un potenziale dementigeno aumentando la possibilità di un deterioramento mentale specie se somministrati al di sopra dei sessanta anni.
I malati parkinsoniani possono, inoltre, presentare, oltre la malattia di base, anche altre patologie legate all’età avanzata (osteoporosi, aumento di affezioni reumatiche, ipertensione arteriosa, aterosclerosi etc…). Per esemplificare, una incontinenza urinaria nella donna è causata da un disturbo del pavimento pelvico dovuto generalmente all’età oppure fa parte di un disturbo legato al morbo di Parkinson?
Lo stesso problema diagnostico si ha se si presenta, nell’uomo, un adenoma prostatico. Certamente, esistono elementi di valutazione clinica che permettono di distinguere se la disuria, se l’urgenza urinaria è legata al morbo di Parkinson oppure ad un problema ostruttivo delle vie urinarie. Però, indubbiamente, si presentano delle difficoltà diagnostiche.
I disturbi non motori seguono le stesso destino dei disturbi motori.
Questo è un altro aspetto che non sempre viene considerato. Il malato parkinsoniano in fase “off” presenta anche disturbi non motori come la sudorazione, l’ipertensione arteriosa, i disturbi di panico, le distonie coreiformi e coreodistoniche, a volte dolorose, localizzate in genere agli arti inferiori, unilaterali (compaiono dal lato più colpito dal morbo di Parkinson).
Se vi è qualche dubbio sulla natura primaria del disturbo non motorio è possibile ricorrere anche all’apomorfina per stabilire se quel disturbo è effettivamente legato a un’altra patologia oppure è causato da una non ottimizzazione dello schema terapeutico antiparkinson.
Teniamo presente che molte malattie e farmaci usati possono causare già di per sé disturbi non motori: i segni paraneoplastici, il diabete mellito, l’insufficienza renale, i farmaci neurolettici, gli antiipertensivi, la cimitidina, la metildopa, i betabloccanti, ecc..
L’approccio diagnostico non è quindi facile.
Sicuramente esiste una base organica: i corpi di Lewy, che permettono di distinguere la malattia di Parkinson da altre patologie attraverso una diagnosi istopatologica. Sappiamo che i corpi di Lewy sono presenti in diverse aree del corpo umano anche preposte all’attività vegetativa (non motoria). In particolare, nel diencefalo, nel locus niger, in altre aree pigmentate come il nucleo dorsale del decimo, nel locus coeruleus nel cervello, nelle colonne intermedie laterali del midollo spinale, al di fuori dell’asse cerebro-spinale nei gangli, nei plessi periferici a livello della parete intestinale che regolano la sua motilità.
In alcune aree particolari dell’organismo i corpi di Lewy rimangono piuttosto costanti, fa eccezione la corteccia cerebrale nella quale i corpi di Lewy possono continuare ad aumentare. Nel corso della malattia di Parkinson si nota un incremento della loro formazione che costituisce la causa del danno neuronale. Tale incremento diventa un elemento di utilità diagnostica nella malattia di Parkinson perché un modesto numero di corpi di Lewy si ritrovano anche nell’autopsia di soggetti normali morti ad esempio per incidente o esenti da patologie del sistema nervoso centrale.
Quali sono i disturbi autonomi (non motori) che più frequentemente si manifestano nel malato di morbo di Parkinson e che richiedono l’intervento del neurologo?
Sono tanti. Non sarà possibile trattarli tutti.
Questi disturbi non motori sono presenti nel morbo di Parkinson ma sono ancora più manifesti nel cosiddetto Parkinson complicato (Parkinson plus).
In questo caso, i disturbi non motori hanno una prevalenza e addirittura possono arrivare ad offuscare l’importanza degli stessi segni extrapiramidali.
Si assiste nel Parkinson complicato spesso, per fortuna non in tutti i casi, ad una risposta alla levodopa piuttosto difettiva nel contrastare i sintomi parkinsoniani.
IPOTENSIONE ORTOSTATICA
Tra i disturbi non motori ricordiamo l’ipotensione ortostatica, un disturbo severo che può impedire perfino il proseguimento di adeguate cure antiparkinson. Sappiamo già che i farmaci antiparkinson, tra cui la levodopa e ancora di più gli agonisti dopaminergici, possono causare fenomeni ipotensivi ortostatici fino agli attacchi sincopali: l’ipotensione ortostatica provoca un senso di instabilità, una pseudo-vertigine, un dolore al collo ed alla regione dei glutei, una sensazione di mancamento, di offuscamento visivo, di allontanamento dei suoni, fino allo svenimento. E’ quindi importante controllare questo disturbo.
Ad esempio: l’età avanzata già di per sé altera il riflesso baro-recettoriale che adegua l’organismo alle variazioni della pressione arteriosa nei cambiamenti di posizione. Questa alterazione può disturbare ed aggravare l’ipotensione ortostatica. Cos’è questo riflesso? E’ un riflesso derivante dagli stimoli, dagli input provenienti dai recettori periferici distribuiti sui vasi sanguigni, in particolare sull’aorta addominale. E’ importante, allora, seguire degli accorgimenti pratici che aiutano ad aumentare il tono venoso e a favorire il ritorno venoso. Una maggiore quantità di sangue nel circolo e una maggiore resistenza delle pareti vascolari al flusso di sangue aumentano i valori della pressione.
Strategie consigliate per favorire il ritorno venoso: il soggetto, secondo la sua capacità di resistenza all’ipotensione arteriosa, deve rimanere in piedi un tempo limitato. Una volta in piedi deve cercare di appoggiarsi su un piede e poi sull’altro piede, alternativamente od incrociare le gambe, oppure, se siede, tenere sollevate le gambe quando possibile, usare una sedia da pescatore (sedia facilmente trasportabile).
Altri consigli per proteggersi da questo disturbo: evitare, dopo pranzo, ogni sforzo, bere invece una tazzina di caffè, evitare altresì docce o bagni troppo caldi che possono causare dei mancamenti, bere liquidi che favoriscono l’aumento del volume del sangue all’interno dei vasi, consumare più sale.
La nostra attenzione si rivolge anche al riposo notturno.
E’ preferibile che la testa del letto sia sollevata e che il paziente dorma in posizione di Trendelenburg invertita (con la testa e il tronco sollevati), così lo sbalzo della pressione viene sentito meno al momento di alzarsi dal letto. Spesso il soggetto, a letto, può avere addirittura una rialzo pressorio. Avere l’avvertenza di non effettuare degli sforzi, ad esempio, di evitare manovre tipo torchio addominale e di non sollevare dei pesi. Anche tossire può causare un senso di mancamento. Seguire, quindi, provvedimenti igienici e aumentare il consumo di acqua.
L’acqua è da consigliarsi sotto ogni profilo.Aiuta a migliorare anche la stipsi e la secrezione bronchiale, oltre alla stessa ipotensione ortostatica. Anche l’uso di bendaggi elastici che comprimono le gambe, qualche volta anche l’addome, possono correggere questo disturbo ma non sono sempre ben sopportati.
In genere consigliamo di alzarsi lentamente.
Tra i farmaci usati per contrastare questo disturbo si annovera il gutron (midodrina) ma anche altri come l’indometacina. E’ stato infatti vista una alterazione delle bradichinine, un polipeptide composto da nove aminoacidi formati nel plasma sanguigno, avente anche un effetto vasodilatatore. Si cerca, allora, tramite l’indometacina, di favorire l’azione di sostanze ad azione vasocostrittrice rispetto ad altre vasodilatatrici.
Passiamo ai disturbi della deglutizione, nausea
La scialorrea è dovuta a un difetto di deglutizione della saliva. Un utile consiglio è di usare la gomma da masticare, può già aiutare a contenere la scialorrea che è un disturbo molto noioso ed insistente.
I triciclici (non più di 5-15 gocce di amitriptilina, vedi Laroxil, onde ridurre l’azione anticolinergica del farmaco), la fluoxitina, a dosaggio discreto, possono anche loro bloccare questo fenomeno.
La disfagia (difficoltà a deglutire) può interessare anche il 40% dei casi. Questa può avere una importanza notevole perché può bloccare l’alimentazione. Nel 40%- 50% dei pazienti si osservano problemi di deglutizione. Si può verificare, infatti, che la levodopa assunta non venga deglutita ma si depositi sulle vallecole, sui seni piriformi.
In pratica, è come se il paziente non avesse assunto la dose di levodopa prescritta.
Regola fondamentale: non alimentarsi in fase off ma mangiare od assumere farmaci quando si è in fase on.
Eventualmente preferire cibi molli che possono essere deglutiti meglio.
Nel 70% dei casi possiamo anche osservare un difetto di motilità dell’esofago e, quindi, qualche disturbo per la deglutizione potrebbe derivare anche da questa fonte. Teniamo poi presente la nausea che può essere controllata con il domperidone (Motilium, Peridon).
La nausea può essere causata dai farmaci agonisti dopaminergici specie all’inizio del trattamento (è buona norma in questa fase usare sempre il domperidone). Anche l’apomorfina causa nausea.
Se il paziente lamenta disturbi intestinali, nausea, vomito che fino ad allora non aveva avuto, allora dobbiamo pensare che è comparsa qualche complicazione a livello gastrico (anche Helyco-bacter può non risparmiare i parkinsoniani). Il medico deve tenere presente tutte le eventualità. E’ stato discusso se gli agonisti dopaminergici fossero responsabili di una aumentata incidenza di ulcera nel parkinsoniano. La questione non è stata ancora risolta in maniera definitiva.
I disturbi intestinali più frequenti possono essere la stipsi, la costipazione, il gonfiore.
Questi disturbi possono essere corretti attraverso un miglioramento della terapia antiparkinson se sono collegati alla malattia. Un tentativo con il domperidone può essere giustificato. Sempre utili i fermenti lattici. Si raccomanda di bere molta acqua. Tutti i farmaci antiparkinson, tranne gli inibitori della catecol-orto-metil-transferasi quali l’entacapone (Comtan); il tolcapone (Tasmar), ritirato dal commercio nei paesi dell’Euro, ancora in vendita in Svizzera, causano più o meno stipsi, in particolare gli anticolinergici.
PROF. MANFREDI SAGINARIO
Specialista e libero docente in Neurologia e Chirurgia
Primario “Casa di Cura Piacenza”