NEUROCHIRURGIA
– Il ruolo del neurologo nella terapia chirurgica della malattia di Parkinson
– Impianto di stimolazione
– Centri di riferimento
– Aspetti gestionali e psicologici della DBS
– Una nuova tecnica chirurgica
– La stimolazione cerebrale profonda del subtalamo (DBS)
– La neurochirurgia nella malattia di Parkinson
– Domande al Dr. Andrea Landi
NUOVA TECNICA CHIRURGICA
PER LA STIMOLAZIONE CEREBRALE PROFONDA
(DBS – Deep Brain Stimulation)
Con la nuova tecnica i pazienti sono addormentati durante l’intervento chirurgico, invece di essere svegli in anestesia locale, come accade con la chirurgia tradizionale DBS, per aiutare i chirurghi a determinare il posizionamento degli elettrodi. Questo potrà permettere l’accesso alla terapia a un maggior numero di pazienti, oggi esclusi.
Il chirurgo Kim J. Burchiel, MDche più di venti anni fa è stato pioniere della chirurgia per la stimolazione cerebrale profonda negli Stati Uniti, per il trattamento di persone con Parkinson e altri disturbi del movimento, ha ora sviluppato un nuovo metodo di eseguire l’intervento che consente un posizionamento più accurato degli elettrodi cerebrali e che probabilmente è più sicuro per i pazienti. Il successo e la sicurezza della nuova tecnica chirurgica potrebbe avere vaste implicazioni per la stimolazione profonda del cervello (DBS), la chirurgia del futuro, in quanto può essere usato sempre di più per aiutare in una vasta gamma di problemi medici oltre al Parkinson e al tremore familiare. La nuova tecnica offre anche un altro vantaggio: i pazienti sono addormentati durante l’intervento chirurgico, invece di essere svegli in anestesia locale per aiutare i chirurghi a determinare il posizionamento degli elettrodi, come accade con la chirurgia DBS tradizionale. Uno studio dettagliato della nuova tecnica chirurgica è pubblicato nell’edizione di Giugno 2013 del Journal of Neurosurgery, ed anche disponibile online sul sito web della rivista. “Penso che questo sia il modo con cui sarà effettuata la chirurgia DBS nella maggior parte dei casi in futuro”, ha detto Kim Burchiel, M.D., F.A.C.S. (nella foto) cattedra di chirurgia neurologica alla Oregon Health & Science University (OHSU) e autore principale dell’articolo sul Journal of Neurosurgery. “Questo intervento consente il posizionamento estremamente preciso degli elettrodi ed è più sicuro. Inoltre i pazienti non hanno bisogno di essere svegli durante l’operazione, e quindi molti più pazienti che potrebbero essere aiutati da questo intervento saranno ora disposti a considerarlo”.
La chirurgia DBS è stata sviluppata in Francia nel 1987. Burchiel è stato il primo chirurgo in Nord America ad eseguire l’intervento, nell’ambito di una sperimentazione clinica approvata nel 1991 dalla Food and Drug Administration. L’FDA ha approvato l’intervento chirurgico per il “tremore essenziale” nel 1997 e per i tremori associati al Parkinson nel 2002. L’intervento chirurgico è stato eseguito decine di migliaia di volte nell’ultima decade negli Stati Uniti, il più delle volte per tremore familiare e Parkinson. Burchiel e il suo team della OHSU hanno eseguito l’intervento chirurgico più di 750 volte. L’intervento comporta l’impianto di elettrodi a filo molto sottili nel cervello, collegati a qualcosa come un pacemaker impiantato nel petto. Il sistema, quindi, stimola il cervello a ridurre spesso i tremori in modo significativo.
Per la maggior parte degli ultimi due decenni, il paziente della DBS è stato indotto a restare sveglio durante l’intervento chirurgico, per consentire ai chirurghi di determinare (monitorandone i sintomi e altri tipi di reazione come paziente cosciente) se gli elettrodi sono collocati nei punti giusti nel cervello. Ma la forma tradizionale della chirurgia ha degli inconvenienti.
Molti pazienti che potrebbero avere avuto benefici non erano disposti a subire un intervento chirurgico di 4-6 ore restando svegli. C’è anche una piccola possibilità di emorragia nel cervello quando il chirurgo piazza o sposta gli elettrodi al posto giusto nel cervello.Stimolazione cerebrale profonda (Fonte: OHSU Dept of Neurosurgery)
La nuova tecnica utilizza i progressi nella diagnostica per immagini del cervello di questi ultimi anni per posizionare gli elettrodi in modo più sicuro, e più precisamente, che nella chirurgia DBS tradizionale.
Il gruppo chirurgico usa la scansione CT durante l’intervento stesso, insieme ad una risonanza magnetica del cervello del paziente prima della chirurgia, per posizionare con precisione gli elettrodi nel cervello, pur garantendo un migliore inserimento dell’elettrodo senza emorragie o complicazioni.
L’articolo sul Journal of Neurosurgery riferisce i risultati su 60 pazienti che hanno avuto l’intervento chirurgico all’OHSU su un periodo di 18 mesi dall’inizio del 2011.
“I nostri risultati dicono che è sicuro, che non abbiamo avuto emorragie o complicazioni del tutto – e che la precisione del posizionamento degli elettrodi è la migliore mai segnalata”, ha dichiarato Burchiel.
Burchiel e il suo team hanno fatto altri 140 interventi chirurgici più o meno con la nuova procedura da quando è terminata l’iscrizione allo studio. Il centro dell’OHSU è stato il primo ad aprire la strada alla nuova procedura di DBS, ma altre squadre chirurgiche negli Stati Uniti stanno imparando la tecnica all’OHSU, implementandola nei propri centri. I risultati positivi con la nuova tecnica di DBS potrebbero avere ramificazioni visto che i ricercatori medici a livello nazionale continuano ad esplorare nuovi possibili usi per la chirurgia DBS.
Essa ha mostrato risultati promettenti in studi clinici con alcuni pazienti di Alzheimer, con alcune forme di depressione e anche con l’obesità.
Se saranno confermati i primi risultati promettenti per queste condizioni, il numero di persone candidate alla chirurgia DBS potrebbe espandersi notevolmente, dice Burchiel.
La durata della nuova modalità di intervento chirurgico per i 60 pazienti coinvolti nello studio è leggermente maggiore della chirurgia DBS tradizionale. Ma con il successivo sviluppo della nuova tecnica chirurgica da parte di Burchiel e del suo team, i nuovi interventi di DBS sono di solito molto più brevi e richiedono spesso la metà del tempo di un approccio più tradizionale.
Questo, più il fatto che gli elettrodi sono posizionati più accuratamente e che la chirurgia è più conveniente, implica che la nuova tecnica di DBS sarà probabilmente quella che la maggior parte dei chirurghi userà nei prossimi anni, conclude Burchiel.
La chirurgia DBS spesso aiuta a ridurre significativamente i tremori nei pazienti con tremore familiare e con tremori ed altri sintomi del Parkinson. Uno studio parallelo è in corso all’OHSU per valutare come sono migliorati i sintomi dei pazienti dopo l’intervento chirurgico di DBS con questo nuovo metodo.
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La terapia chirurgica rappresenta da oltre 60 anni una delle opzioni del trat-tamento della malattia di Parkinson.
Al momento l’intervento più comune ed efficace è la stimolazione cerebrale profonda (DBS) del nu-cleo subtalamico, che è stata eseguita per la prima volta nel 1993 dall’équipe di Grenoble.
Con la DBS quali benefici si possono avere?
La DBS è dedicata a quei pazienti che sono in una fase avanzata di malattia: controlla bene i sintomi della malattia di Parkinson; riesce ad annullare o per lo meno a limitare le fluttuazioni motorie (cioè l’alternarsi dei momenti di blocco motorio e di buona motilità, fenomeno on/ off); consente di ridurre la terapia farmacologica e quindi gli effetti collaterali ad essa connessi; migliora la qualità del sonno.
L’obiettivo principale è quello di ridare autonomia al paziente che è condizionato dalla malattia nel suo vivere quotidiano.
Non stiamo parlando di terapia neuroprotettiva, nè restorativa: la DBS è un intervento chirurgico molto efficace che però non porta alla guarigione della malattia di Parkinson. È un intervento di chirurgia funzionale, cioè non viene provocata alcuna alterazione dei tessuti cerebrali tanto che, spegnendo l’apparecchio, i sintomi ricompaiono. L’osservazione che diversi pazienti operati con successo sembrano rimanere stabili per diversi anni, ha fatto ipotizzare che la DBS porti ad un rallentamento della progressione della malattia; è importante sottolineare che non esistono dati scientifici a sostegno di questa ipotesi, ma resta la sensazione che i pazienti operati non peggiorano quanto sarebbe accaduto se non fossero stati operati.
Il candidato ideale
I pazienti giovani rispondono meglio alla DBS, e il limite superiore di età è generalmente fissato tra i 65 e i 70 anni. Nel nostro Centro abbiamo avuto ottimi risultati anche con persone di età avanzata (intorno ai 70 anni) e in generale l’età biologica è più importante dell’età anagrafica; in questi casi è però necessario che gli altri criteri d’inclusione (comorbidità, aspetti neuropsicologici, capacità di collaborare e motivazione) siano rigoro-samente rispettati. All’inizio della storia della DBS, gli ottimi risultati motori hanno monopolizzato l’interesse dei neurologi e dei pazienti. Subito dopo sono state studiate le conseguenze sulle capacità cognitive: le diverse pubblicazioni sull’argomento, nonché la nostra esperienza personale, hanno dimostrato che la DBS è sostanzialmente neutrale sul piano neuropsicologico, ove venga effettuata correttamente. Più complicata è la valutazione degli effetti sul piano comportamentale e sociale. L’analisi dei risultati pubblicati dai vari Centri indica che dopo la DBS del subtalamo vi è un miglioramento di depressione, ansia, qualità della vita quando si considerino i pazienti come gruppi; peraltro sono stati da più parti segnalati casi isolati di depressione (fino al suicidio), apatia, ansia e peggioramento della qualità di vita nonostante buoni risultati motori.
Se andiamo a esaminare attentamente questi casi, quasi sempre si rileva che tali pazienti avevano problemi psichici già prima dell’intervento: in sostanza nella maggior parte dei casi si tratta di errori nella selezione.
Diventa cruciale quindi lo screening pre-operatorio del candidato: deve essere una persona motivata, che ha voglia di correre qualche rischio pur di migliorare le sue condizioni di vita (e quelle dei familiari), deve avere nei confronti della malattia un atteggiamento combattivo e costruttivo, non passivo e fatalista, deve essere pronto a valutare serenamente gli effetti della DBS, anche quando non siano, come pure è possibile, eccellenti.
Semplificando, si può identificare la figura del candidato ideale sul piano psichico, con quella dell’ottimista che vede “mezzo pieno” il bicchiere riempito solo a metà.
Limiti della DBS del subtalamo
La valutazione di un paziente operato con DBS non può prescindere dal confronto con le sue condizioni pre-operatorie: in linea generale la DBS del subtalamo è in grado di riprodurre l’effetto della levodopa, stabilizzandolo sulle 24 ore.
Ciò significa che l’osservazione del paziente in on prima dell’intervento potrà dare una previsione di quanto ottenibile con la DBS, e d’altra parte se un paziente non cammina bene al meglio dell’effetto della levodopa prima dell’intervento, non camminerà bene anche dopo. In altre parole ciò che è stato perso nel corso della progressione di malattia, non potrà essere restituito dalla DBS.
Nella nostra esperienza, abbiamo anche osservato che l’effetto della DBS sul subtalamo riduce la difficoltà ad iniziare il cammino (start hesitation): con l’accensione dall’esterno dello stimolatore, il paziente, dopo alcuni minuti, non presenta più nessun problema del cammino.
Questo è possibile quando il disturbo del cammino del paziente risponde alla levodopa e, quindi, risponderà anche alla terapia chirurgica.
Dopo la DBS possono persistere alcuni problemi motori:
– persistenza del freezing e della start hesitation
– regressione non completa delle fluttuazioni motorie (anche se notevolmente ridotte)
– parziale persistenza delle discinesie
– distonie di fase on, controllabili con la modifica dei parametri di stimolazione o con la tossina botulinica.
Conclusioni
L’obiettivo principale della DBS è il miglioramento della qualità di vita dei malati parkinsoniani.
Cosa il paziente può aspettarsi dall’intervento: il controllo più o meno completo dei sintomi (tremore, lentezza, rigidità); la scomparsa delle fluttuazioni motorie, e cioè che il momento migliore della sua giornata (fase on) si prolunghi per 24 ore al giorno; la riduzione della dose dei farmaci assunti; la scomparsa dei dolori legati al Parkinson; una buona qualità del sonno; la riconquista della propria indipendenza; il miglioramento della qualità della vita.
Cosa il paziente non deve aspettarsi: la guarigione dal Parkinson; di recuperare funzioni motorie non più presenti al momento dell’intervento; di affrancarsi da ogni problema legato al Parkinson.
LA NEUROCHIRURGIA NELLA MALATTIA DI PARKINSON
Sta nascendo uno spiccato interesse per la terapia chirurgica (stimolazione cerebrale profonda DBS) come trattamento terapeutico della malattia di Parkinson. Riportiamo l’ esperienza del Dr. Andrea Landi che è neurochirurgo presso l’Ospedale San Gerardo di Monza e che effettua interventi di stimolazione cerebrale profonda a malati affetti da morbo di Parkinson.
INDICAZIONI E RISULTATI DEL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA MALATTIA DI PARKINSON
DR. ANDREA LANDI
Neurochirurgo – Ospedale San Gerardo di Monza
I disturbi del movimento, e fra questi la malattia di Parkinson, possono essere trattati chirurgicamente qualora la terapia farmacologica non sia più in grado di controllare adeguatamente la sintomatologia. In epoca precedente all’introduzione in terapia della L-DOPA, il trattamento chirurgico era frequentemente adottato in questi pazienti.
Recentemente, a causa della comparsa di effetti collaterali (massimamente le discinesie) correlati ad assunzione cronica di L-DOPA e DOPA agonisti, nonché per la necessità di trattare pazienti non più responsivi ai farmaci, la chirurgia dei disturbi del movimento riscuote nuovo interesse.
Il trattamento chirurgico si basa sulla modulazione funzionale delle complesse vie nervose dei gangli della base, che sono implicate nel controllo del movimento.
E’ possibile ridurre chirurgicamente l’iperatttività di alcuni nuclei posti lungo queste vie, il cui eccesso di attività è causa dei principali sintomi della malattia di Parkinson. In particolare, i bersagli più frequentemente prescelti per il trattamento chirurgico sono il nucleo subtalamico di Luys ed il Globo pallido interno.
Studi sperimentali hanno infatti dimostrato che la loro iperattività sostiene i disturbi del movimento, in particolare l’ipertono, la bradicinesia, il tremore e le discinesie.
Nella Malattia di Parkinson si verifica la perdita delle cellule che, nella Sostanza Nera, producono Dopamina, una sostanza chimica essenziale per controllare il movimento.
La carenza di Dopamina sembra essere la causa dell’iperattività del circuito ganglio-basale: il nucleo Subtalamico è un punto importante di integrazione dei segnali di tale circuito, mentre il Globo pallido interno è la via di uscita dei segnali verso la corteccia motoria; ecco perché la loro inattivazione riduce i sintomi della malattia. Tale inattivazione viene ottenuta chirurgicamente mediante interventi di lesione o di stimolazione.
Le lesioni consistono in limitate coagulazioni dei bersagli prescelti: tali intervento sono irreversibili, possono presentare complicanze in caso di lesioni eccessivamente estese e non possono essere eseguiti bilateralmente: i possono cioè controllare i disturbi solo di un lato del corpo.
Gli interventi di stimolazione non comportano una lesione al tessuto cerebrale, sono reversibili in caso di insuccesso, possono essere condotti bilateralmente e, soprattutto, la stimolazione può essere modificata nel tempo, consentendo un migliore controllo dei sintomi.
La metodologia chirurgica con cui vengono attuati questi interventi è denominata stereotassi, una tecnica neuro-chirurgica che permette di localizzare, con estrema precisione, una qualsiasi struttura all’interno della scatola cranica.
Quando vogliamo andare a stimolare, o a distruggere, un nucleo dei gangli della base abbiamo la necessità di essere estremamente precisi.
Questa tecnica ci permette di esserlo.
Gli strumenti
Il casco stereotassico è lo strumento che viene applicato alla testa del paziente e che permette di verificare, all’interno della testa del paziente, tutta una serie di coordinate geometriche con precisione millimetrica in modo da poter raggiungere, da un qualsiasi punto della volta cranica, il bersaglio, così identificato.
Il casco stereotassico è munito di un anello che viene fissato, in anestesia locale, alla testa del paziente, con quattro piccole viti.
All’anello viene poi applicato un arco che può portare vari strumenti, ad esempio l’elettrodo stimolatore, ed ha la funzione di far avanzare lentamente, tramite una vite micrometrica, tali strumenti all’interno dell’encefalo del paziente, fino al bersaglio stabilito.
Le caratteristiche di questa metodologia
La stereotassi è una metodica in uso in neurochirurgia già da diversi anni ma che ha avuto in questi ultimi tempi un nuovo vigore, soprattutto, con la recente ripresa di interesse per la chirurgia nella malattia di Parkinson.
Le caratteristiche sono: la precisione millimetrica, la possibilità di fare un planning pre-operatorio, la micro-invasività.
Normalmente si procede così: prima dell’intervento il neurochirurgo studia il paziente. La storia clinica del paziente, la valutazione neurologica, lo studio neuropsicologico, i tests di risposta alla L-DOPA o all’apomorfina, la Risonanza magnetica e la SPECT cerebrale forniscono dati importanti nella valutazione dei possibili beneficio ottenibili con la chirurgia.
L’intervento: i sistemi di controllo e di verifica pre-operatoria e intraoperatoria
Una volta posizionato il casco stereotassico, il paziente viene sottoposto a Risonanza magnetica in condizioni stereotassiche per verificare geometricamente la sede del bersaglio da trattare.
Successivamente si fanno verifiche tridimensionali con sistemi di simulazione di immagini al computer e con un sistema di simulazione reale, chiamato “phantom”; verificata la precisione della localizzazione del bersaglio si procede all’intervento vero e proprio.
L’invasione a carico dei tessuti è la minima possibile (mini-invasività).
Si tratta, semplicemente, di eseguire un taglio sulla cute, un piccolo foro a livello della teca ossea e di penetrare, con degli strumenti estremamente sottili, all’interno dell’encefalo in modo da ridurre, al minimo necessario, il danneggiamento del tessuto encefalico.
L’incidenza di complicanze è estremamente basso rispetto alle comuni procedure neuro-chirurgiche, ma anche rispetto a qualunque altra procedura chirurgica. Con queste metodologie, la percentuale di complicanze maggiori si attesta intorno allo 0,2%-0,5%.
Una volta posizionati gli elettrodi all’interno dell’encefalo, possiamo verificare ulteriormente se tutto quello che si sta facendo è giusto attraverso dei sistemi di localizzazione funzionale: si effettuano, cioè, delle stimolazioni e delle registrazioni dell’attività cerebrale.
Per esemplificare, stimolando il nucleo subtalamico di un paziente che ha ipertono, l’ipertono diminuisce dalla parte controlaterale del corpo.
Se stimoliamo il nucleo subtalamico di destra, l’ipertono diminuisce a sinistra.
Questo lo possiamo osservare già durante l’intervento chirurgico e ciò, ovviamente, rappresenta un dato in più, che ci conferma se stiamo stimolando il punto giusto.
Non solo. Poiché gli effetti sono diversi e graduali, noi potremmo fare una mappa dell’area cerebrale raggiunta e individuare il punto in cui la stimolazione dà l’effetto migliore. Lì, lasceremo l’elettrodo definitivo in caso di stimolazione oppure, nel caso di un trattamento chirurgico lesionale, lì effettueremo la lesione.
Un altro sistema è la registrazione extracellulare che dà delle informazioni complementari che sono sicuramente importanti.
La storia
Prima della stimolazione cronica profonda (Deep Brain Stimulation o DBS), l’unica possibilità chirurgica per trattare i disturbi del movimento era rappresentata dagli interventi lesionali.
Tali interventi consistevano nell’interrompere, a livello di una via nucleo basale oppure a livello di un nucleo il circuito patologico che si era venuto ad instaurare e che sosteneva i sintomi della malattia.
Questi interventi nell’era pre-Ldopa erano molto praticati.
E’ arrivata, poi, la terapia farmacologica con Ldopa, chiaramente efficace e, quindi, la frequenza di questi interventi è crollata.
Attualmente, con la tecnica della neurostimolazione, si torna a parlare di neurochirurgia per il morbo di Parkinson.
Gli interventi lesionali
La metodologia degli interventi lesionali consiste nella distruzione del bersaglio da trattare avvalendosi di varie tecniche, ad esempio della termocoagulazione. Viene, praticamente, bruciato un certo volume di encefalo, distruggendolo e, quindi, vengono interrotti i circuiti neuronali implicati nella genesi dei principali disturbi della malattia. Si parla di Talamotomia o di Pallidotomia a seconda dei bersagli trattati.
Una tecnica di lesione alternativa è la radiochirurgia stereotassica con il metodo “Gamma- Knife” (utilizzata ancora oggi, soprattutto, all’estero).
Le sedi degli interventi
Le sedi degli interventi lesionali sono due: il nucleo VIM del talamo intermedio e il globo pallido interno.
Talamotomia
Le principali indicazioni al trattamento lesionale del nucleo VIM del talamo intermedio sono legate soprattutto alla presenza dei seguenti fattori:
– tremore mono-laterale;
– inefficacia del trattamento farmacologico;
– intolleranza del trattamento farmacologico da parte del paziente.
L’altro bersaglio candidato per gli interventi lesionali é il globo pallido interno.
Negli Stati Uniti è un intervento che viene ancora estensivamente praticato. Pallidotomia
L’indicazione clinica della pallidotomia si basa, oltreché sull’inefficacia del trattamento farmacologico, sulla presenza di discinesie, di distonie, di ipertono e di bradicinesia più che del tremore.
Il nucleo pallido ha un notevole volume. Questo fa sì che sia più facile raggiungerlo ma, altresì, che sia più difficile ottenere dei buoni effetti: o lo distruggi tutto, rischiando degli effetti collaterali severi, oppure si debbono cercare punti specifici dove la coagulazione oppure, anche, la stimolazione possono avere degli effetti.
Prima di procedere alla lesione, occorre effettuare registrazioni, stimolazioni, interventi lunghi e complessi con un rischio di errore non indifferente.
Se si effettua una coagulazione troppo estesa si può coagulare la capsula interna dove decorrono le vie motorie. Il paziente può, quindi, avere una emiparesi. Si può danneggiare il tratto ottico, che è quel fascio di fibre che porta gli stimoli luminosi alla corteccia visiva; il paziente può allora presentare dei disturbi alla vista. Si presenta talora la necessità di effettuare delle lesioni multiple proprio perché il volume da lesionare è importante. Se non si raggiunge un certo volume di lesione possono non esserci effetti positivi per il paziente.
Le problematiche
Le problematiche degli interventi lesionali sono:
– l’irreversibilità della lesione. Se la lesione viene praticata nel punto sbagliato oppure viene effettuata in modo troppo esteso, il paziente avrà dei danni.
Nel tentativo di evitare ciò, il neurochirurgo, allora, può essere portato a praticare delle lesioni molto limitate. Queste lesioni limitate però non hanno effetto o, meglio, hanno un effetto limitato nel tempo. Dopo alcuni mesi il paziente ripresenta i disturbi originari e, quindi, l’intervento non è servito.
Sia che si parli di VIM, sia che si parli di globo pallido interno queste lesioni possono essere solo monolaterali.
La bilateralità di queste lesioni può portare a degli effetti collaterali importanti.
Di conseguenza, sono candidati a questo tipo di intervento di lesione monolaterale solo i pazienti che presentano una sintomatologia predominante solamente da un lato del corpo.
Questo, chiaramente, limita le possibilità di trattamento chirurgico dei pazienti parkinsoniani.
I vantaggi della stimolazione cerebrale profonda
Questi problemi sono stati in gran parte superati con l’avvento della stimolazione profonda cerebrale cronica (DBS). Mediante dei micro-elettrodi, dei micro-cateteri elettronici, posizionati in specifici bersagli e che generano stimoli elettrici ad alta frequenza, è possibile inibire l’attività delle cellule cerebrali, ottenendo un effetto che, dal punto di vista funzionale, è simile a quello della lesione.
Invece di distruggere le cellule, le si mettono semplicemente a tacere.
La stimolazione cerebrale profonda è un procedimento non lesionale. E’, quindi, un procedimento reversibile.
Nel caso in cui la stimolazione non funzionasse, oppure fossero stati effettuati degli errori di localizzazione ecc… l’elettrodo potrà essere rimosso e il paziente non avrà subito alcun danno al tessuto cerebrale.
La DBS, contrariamente alla lesione, può essere praticata anche bilateralmente.
Si è visto, abbastanza curiosamente, che effettuando la stimolazione bilaterale, cioè l’inibizione di queste attività nucleari bilaterali, non intervengano degli effetti collaterali.
Questo è il motivo per cui gli impianti possono essere effettuati sia bilateralmente, nel nucleo subtalamico, sia bilateralmente, nel globo pallido interno. E’, quindi, possibile trattare pazienti che presentano una sintomatologia bilaterale. Stimolazione modulata nel tempo
Con l’andare del tempo, la stimolazione può perdere parte della sua efficacia.
Si potrà allora intervenire aumentando l’intensità dello stimolo, aumentando la frequenza, si potrà giocare sui vari contatti dell’elettrodo installato che sono quattro e, quindi, si potrà variare anche il volume stimolato.
Si presentano una serie di possibilità tecniche per cui la stimolazione potrà essere modulata nel tempo e, quindi, rispondere sempre in modo migliore alle necessità che il paziente manifesta nel tempo.
Le indicazioni della neurostimolazione
Le indicazioni praticamente sono: disturbi del movimento collegabili alla malattia di Parkinson: l’ipertono, le discinesie, la bradicinesia, l’acinesia e il tremore.
Attraverso la stimolazione cerebrale profonda può essere praticato un trattamento bilaterale, può essere eseguito anche un trattamento in presenza di un precedente intervento lesionale.
Gli stessi bersagli utilizzati per le lsioni possono essere trattati con DBS; in particolare:
– il Vim per il trattamento del tremore mono e bilaterale in corso di M di Parkinson e per il trattamento del tremore essenziale.
– il Subtalamo per il trattamento di ipertono, bradicinesia e tremore, con risultati particolarmente efficaci su ipertono e bradicinesia.
– Il Globo pallido interno con le stesse indicazioni del Subtalamo. sembra più efficace nel trattamento delle discinesie e delle distonie non proprie della m. di Parkinson (es. distonie infantili).
In sintesi
In pratica, la stimolazione cerebrale profonda si svolge nel seguente modo:
– utilizzo del casco stereotassico,
– localizzazione stereotassica dell’area da stimolare,
– l’intervento viene effettuato in anestesia locale di modo che il paziente non senta dolore, ma possa validamente collaborare con il neurochirurgo e con il neurologi che sono presenti in sala.
Deve collaborare proprio perché, durante l’intervento, sono effettuate trials di stimolazioni e di registrazioni intra-operatorie per localizzare con maggiore esattezza il bersaglio.
Una volta inseriti gli elettrodi, termina la prima fase dell’intervento di stimolazione cerebrale profonda. Viene tolto il casco stereotassico, il paziente viene medicato e portato al suo letto.
Nei giorni successivi, sono eseguite delle stimolazioni di prova mediante un computer collegandosi agli elettrodi mediante un cavetto di estensione extracranico. Se c’è conferma che tutto va bene, dopo alcuni giorni, vengono tolti questi cavetti e si procede con la seconda parte dell’intervento, che consiste nel posizionare il generatore di impulsi a livello sottocutaneo, sotto la clavicola (in anestesia generale).
I sistemi di localizzazione del Subtalamo
Attualmente il nucleo subtalamico è il bersaglio di scelta per il trattamento con DBS del M. di Parkinson scompensato. L’efficacia della risposta in termini di riduzione dei sintomi e la possibilità di ridurre sensibilmente i farmaci nel giro di pochi mesi, lo fanno preferire al globo pallido.
L’ipertono, il tremore e la bradicinesia diminuiscono soprattutto attraverso la stimolazione del Subtalamo ma anche di zone vicine al Subtalamo (nucleo anteriore del talamo, zona incerta, campi di Forel).
Questo può spiegare perché l’elettrodo che lasceremo e che più o meno estende i suoi effetti nelle zone vicine al target darà dei buoni risultati nel nostro paziente. Effetti collaterali
Gli effetti collaterali più frequentemente osservati sono: contrazioni muscolari involontarie (distonia); movimenti involontari (discinesia); formicolio alle braccia e alle gambe, articolazione difettosa delle parole, aumento del freezing della marcia. Con una accurata regolazione della stimolazione elettrica e/o modificando il trattamento farmacologico è possibile controllare la maggior parte degli effetti collaterali.
Limiti della DBS
I limiti principali della DBS rispetto agli interventi lesionali sono:
– il rischio di infezioni che possono parassitare le protesi
– rotture meccaniche o malfunzionamento elettronico delle protesi
– spegnimento dello stimolatore se esposto a forti campi elettromagnetici
– necessità di sostituire periodicamente il generatore (ogni 5 aa)
– i costi: l’apparecchiatura necessaria per la DBS è costosa, la lesione non lo è.
Quanto dura un intervento di posizionamento di un elettrodo nel Subtalamo?
Questo intervento, a secondo dei vari Centri Ospedalieri, può durare diversamente. Dipende dalle metodologie di mappatura funzionale che vengono utilizzate. Noi utilizziamo la stimolazione macroelettrodica e recentemente abbiamo introdotto anche la semi-micro registrazione extracellulare. L’intervento, praticamente, si svolge così: al mattino, ore 8.00, si posiziona il casco stereotassico e si effettua la risonanza magnetica. Si effettua il reperage stereotassico e verso le ore 11.30 inizia l’intervento chirurgico vero e proprio, che termina intorno alle 17.00 – 18.00.
La fase chirurgica vera e propria dura circa sei-sette ore durante le quali il paziente è sveglio poiché deve essere, entro certi limiti, collaborante. E’ un intervento impegnativo per il paziente anche se non è un intervento doloroso.
Una curiosità. Nella prima parte dell’intervento il paziente non è in anestesia totale.
No, mai.
Se il paziente ha sintomi di ipercinesia, di tremore, questi costituiscono un problema per il neurochirurgo che deve operare, mettere il caso stereotassico?
In caso di violento tremore del capo può essere necessaria una fugace sedazione in Risonanza magnetica. Nessun problema per la parte chirurgica, perché il capo del paziente è saldamente fissato al casco stereotassico.
Nessun problema in caso di pazienti parkinsoniani nei quali prevalga l’ipocinesia, l’ipertono. I pazienti sono liberi dai farmaci almeno da ventiquattro ore. In genere, sono pazienti che sono bloccati e che non hanno neppure discinesie. Se mai c’è qualche difficoltà a posizionarli per effettuare la risonanza magnetica.
Anche le distonie dolorose e i crampi possono, fra i vari sintomi parkinsoniani, avere un beneficio dall’intervento chirurgico? “Appena ho il blocco motorio, istantaneamente, appare anche il dolore.”
Le distonie dolorose sono un sintomo del morbo di Parkinson che può beneficiare sicuramente della stimolazione.
Bisogna vedere se, ovviamente, nell’insieme, lei potrebbe essere candidabile all’intervento. La candidatura di un paziente all’intervento non passa attraverso l’evidenziazione di un sintomo. E’ una valutazione globale che costituisce un lavoro complesso.