DISCINESIE
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– Le discinesie nella malattia di Parkinson: problemi di terapia nelle fasi avanzate
– Anatomia e fisiologia del movimento
– Circuito diretto e indiretto
– Fisiopatologia delle discinesie ipotesi conclusiva
– La terapia
– La terapia chirurgica
Nella malattia di Parkinson si verifica una progressiva denervazione dopaminergica dello striato, che si tende a correggere con la somministrazione di levodopa (L-Dopa), precursore della dopamina.
Nonostante tale terapia, però, nell’evoluzione della malattia si verificano complicanze di natura motoria e non motoria.
La riduzione della risposta alla levodopa espone il circuito neuronale motorio a delle complicanze.
Dopo, infatti, circa cinque anni di trattamento con levodopa, si è vista nella pratica terapeutica moderna la comparsa di fluttuazioni motorie e discinesie.
Gli effetti collaterali più importanti della terapia con levodopa sono effetti motori tardivi, fluttuazioni della risposta terapeutica (on-off) e discinesie (movimenti involontari diversi dai tremori).
Le complicazioni motorie tardive sono ricomprese nel termine di “sindrome da trattamento a lungo termine con levodopa” e, si è visto, dipendono dalla durata dell’esposizione e dal dosaggio giornaliero di levodopa.
Le fluttuazioni motorie consistono in variazioni dello stato clinico nell’arco della giornata: momenti di buona motilità si alternano a momenti di blocco motorio (fenomeno on-off).
Le discinesie sono dei movimenti involontari, coreiformi (“molli”), che disturbano l’esecuzione dei movimenti volontari e, quando sono gravi, causano nel paziente delle disabilità molto importanti.
Il problema delle discinesie emerge quando nella malattia di Parkinson la denervazione dopaminergica procede sempre di più.
Noi tratteremo le complicanze motorie e nell’ambito di tali complicanze porremo l’accento sulle discinesie.
Le discinesie sono dovute ad una ipersensibilità da denervazione dei neuroni dello striato: le variazioni dei livelli ematici di levodopa (precursore della dopamina, con emivita farmacologica molto breve) scatenano le discinesie nel paziente parkinsoniano poiché le cellule dello striato (neuroni spinosi), che non ricevono più da tempo la dopamina dalla sostanza nera, sono ipersensibili a causa di tale denervazione.
Tali complicanze si osservano dopo una certa esposizione alla terapia con levodopa e nelle fasi avanzate di malattia.
Quando si cominciò ad introdurre la levodopa come terapia si vide che circa il 50% dei pazienti sviluppavano le discinesie dopo sei mesi di trattamento.
Nella pratica terapeutica moderna le discinesie sono riportate più tardivamente, meno del 40% dei pazienti sviluppa le discinesie in 4-6 anni dall’inizio della terapia con levodopa.
Alcuni lavori scientifici hanno dimostrato come il trattamento con levodopa in pazienti affetti da malattia di Parkinson da oltre 10 anni e che non avevano ricevuto mai alcuna terapia, causava la comparsa di discinesie dopo pochi giorni l’inizio del trattamento; il che fa ritenere che, perché compaiano le discinesie, deve esistere un precedente deterioramento progressivo dei circuiti motori neuronali (diretti e indiretti).
Questo, sostanzialmente, è molto significativo poiché si dimostrava che in quei pazienti, soggetti che avevano già una denervazione neuronale dopaminergica molto avanzata, la somministrazione di levodopa aveva determinato un effetto di scatenamento delle discinesie molto precoce.
MALATTIA DI PARKINSON IN FASE AVANZATA
COMPLICANZE MOTORIE
FLUTTUAZIONI MOTORIE
PERDITA DI RISPOSTA ALLA LEVODOPA
RISPOSTA SUBOTTIMALE
DETERIORAMENTO DI FINE DOSE
WEARING-OFF
ACINESIA DEL RISVEGLIO
FENOMENI ON-OFF
FREEZING
MOVIMENTI INVOLONTARI
DISCINESIE DI INIZIO DOSE
DISCINESIE DI PICCO DOSE
DISCINESIE DIFASICHE
DISTONIE DI PICCO DOSE
OFF DISTONIA
COMPLICANZE NON MOTORIE E COMORBIDITA’
COMPLICANZE PSICHICHE
DISTURBI DEL SONNO
DISAUTONOMIE
ALTRE
Le discinesie sono dette di “inizio dose”, “di picco” (per concentrazione massima della levodopa, legate cioè ad un aumento della dopamina presente a livello sinaptico) o “di fine dose” (dovute ad una riduzione della stessa) o anche “difasiche”, presenti cioè sia in crescita che in diminuzione del livello di dopamina.
Le discinesie si possono osservare anche in fase precoce della malattia quando la dose di levodopa risulta eccessiva.
Nella fase avanzata di malattia si restringe la finestra terapeutica, cioè la soglia per l’effetto terapeutico è molto più vicina alla soglia per le discinesie.
Il problema terapeutico nelle fasi avanzate di malattia consiste nel fatto che da un lato si cerca di risolvere il problema del blocco motorio e/o delle fluttuazioni motorie e dall’altro si ottiene uno squilibrio nella dose di levodopa che porta alla comparsa dei movimenti involontari.
Bisogna considerare infatti che le discinesie si intersecano con gli altri problemi di deficit motorio come le fluttuazioni motorie.
Il soggetto inizia a sperimentare che la stessa terapia con levodopa non è più così efficace e che dei blocchi motori compromettono la sua attività; ma osserva altresì che non può incrementare il dosaggio con levodopa e/o dei dopaminoagonisti per ovviare a tale problema perché insorgono i movimenti involontari che disturbano il suo piano motorio, messo in azione.
Questo è un problema molto importante perché di fatto ostacola la possibilità di trattare adeguatamente le complicanze di blocco motorio.
In realtà i fenomeni sono tra loro embricati, essendo anche presenti distonie in fase off e coreo atetosi in fase on.
La forma di discinesia più comunemente conosciuta nella malattia di Parkinson è la discinesia di picco-dose di tipo prevalentemente coreico che presenta dei movimenti rapidi e continuativi.
Si verifica in concomitanza di una elevata concentrazione di levodopa circolante nel sangue.
Un altro tipo di discinesia è la distonia di fine dose.
Le distonie o movimenti distonici di fine dose sono movimenti protratti nel tempo che causano al paziente atteggiamenti in torsione del collo e delle braccia, delle gambe, delle mani (alterazioni cioè della armonica regolazione del tono muscolare tra gruppi muscolari agonisti-antagonisti)… e si verificano invece quando i livelli della levodopa nel sangue sono bassi o si riducono rapidamente, più frequentemente di notte o in mattinata, prima della prima dose di levodopa.
Si pensa che le discinesie siano causate dalla stimolazione intermittente (pulsatile) dei recettori post sinaptici dopaminergici situati sui dendriti dei neuroni spinosi striatali, dipendente dalle variazioni della concentrazione della levodopa nel sangue.
Tali complicazioni insorgono quando, nelle fasi avanzate di malattia, la risposta terapeutica di lunga durata progressivamente si riduce e scompare e prevale quella di breve durata, con maggiore probabilità quindi di stimolazione fasica, intermittente e pulsante, e non più tonica dei recettori dopaminergici.
Per contrastare tale fenomeno, si cerca di raggiungere e mantenere nella terapia (sia essa con levodopa o con dopamino-agonisti) una stimolazione dopaminergica quanto più continua e costante ad una concentrazione media di farmaco ancora efficace senza picchi improvvisi.
La regolazione del movimento avviene tramite l’attivazione di un circuito motorio che ha origine da aree della corteccia cerebrale anteriori pre centrali, attraversa i nuclei motori dei gangli della base e ritorna, per chiudere il circuito, alle aree motorie della corteccia cerebrale di origine tramite il talamo.
Nella fisiopatologia della malattia di Parkinson il problema consiste proprio in una alterazione del circuito motorio che collega tra loro i nuclei della base e dalla conseguente alterazione funzionale dei rapporti di essi con le aree motorie della corteccia cerebrale attraverso il talamo: è proprio l’alterazione degli equilibri funzionali del sistema motorio che porta all’impaccio del movimento.
Queste alterazioni coinvolgono anche i circuiti neuronali che sono preposti alle funzioni più propriamente cognitive, cioè la psicomotricità dell’individuo.
Il sistema motorio sottocorticale dei nuclei della base è collegato, attraverso vie ascendenti, con le aree sensorimotorie pre e post centrali della corteccia cerebrale e con la periferia attraverso vie discendenti verso il midollo spinale e i nervi periferici che raggiungono i muscoli.
FREEZING
Il freezing è un improvviso e momentaneo arresto durante il cammino
IL MESENCEFALO
La dopamina viene prodotta nel mesencefalo, una porzione del cervello compresa tra il diencefalo e il ponte. La porzione del mesencefalo che produce dopamina è il Locus Niger o sostanza nera che, vista in sezione, assomiglia ad un paio di baffi neri (fig. A).
fig. A Mesencefalo sano
Nella malattia di Parkinson il Locus niger
tende ad atrofizzarsi fino a scomparire.
Nella figura B i baffi sono praticamente scomparsi e ciò
comporta un’inferiore produzione di dopamina.
fig. B Mesencefalo malato
I primi comandi (inputs) partono dalla corteccia cerebrale supplementare motoria, questi primi segnali vengono elaborati dal circuito motorio costituito dal nucleo caudato e dal putamen, che formano lo striato (neuroni spinosi striatali), dal globo pallido interno ed esterno, dal nucleo subtalamico del Luys e dalla sostanza nera.
Tutte queste strutture che costituiscono insieme i gangli della base, sono tra loro connesse da vie mieliniche e ricevono vie nervose dalla corteccia cerebrale costituendo i circuiti neuronali che sono preposti alla funzione del movimento.
Il circuito motorio centrale si chiude sulle aree cerebrali di origine, di partenza.
Dopo che gli impulsi sono stati elaborati dai gangli della base e dal talamo, il sistema motorio sottocorticale rimanda efferenze (vie di comunicazione) alla corteccia cerebrale pre-centrale, che attraverso il fascio piramidale diretto in via ai neuroni del midollo spinale che controllano direttamente i muscoli gli inputs finali del movimento (circuito motorio periferico o via finale comune).
Tra tutte queste strutture c’è un rapporto cosiddetto di tipo somatotopico.
Con un esempio: le aree della corteccia cerebrale che originano il movimento della mano inviano questo comando ad altre strutture cerebrali e, a cascata, i movimenti della mano vengono ripetuti in maniera parallela e in sequenza anche dalle altre strutture cerebrali collegate.
Questo meccanismo è importante per quello che riguarda il problema delle discinesie.
Nella malattia di Parkinson, la carenza di dopamina
causa squilibri tra i circuiti neurotrasmettitoriali
e ciò altera la trasmissione delle informazioni che regolano il movimento.
Anche se sembra complessa si comincia a delineare l’organizzazione dei circuiti motori dei gangli della base.
Studi effettuati negli anni ’80 e nei primi anni ‘90 hanno il merito di avere interpretato questa complessa organizzazione dei circuiti motori individuando il circuito diretto ed indiretto, cioè come il circuito motorio si estrinseca in una alternarsi di vie inibitorie ed eccitatorie.
Le attività motorie (includenti i gesti della vita quotidiana, i gesti complessi appresi in attività specifiche, come giocare a tennis o correre o saltare) sono apprese in maniera cosciente ma conservate poi in una memoria particolare, detta “memoria procedurale” che, quando attivata, richiama l’insieme delle attività muscolari complesse, necessarie alla completezza del gesto, in maniera automatica, senza cioè, che l’esecutore del gesto abbia coscienza dei muscoli coinvolti nell’esecuzione del gesto.
Per trovare un esempio pratico del trasferimento della memoria cosciente alla memoria procedurale potremmo provare a ricordare la difficoltà iniziale nell’imparare a giocare a tennis o ad andare in bicicletta e la semplicità automatica con cui ora svolgiamo queste attività.
Nell’eseguire volontariamente un gesto in apparenza automatico, è necessario che la parte della corteccia cerebrale, dove è organizzata la memoria procedurale di questo gesto, venga attivata, mentre sarà necessario che le altre attività motorie, che potrebbero interferire con il gesto volontario, vengano inibite.
Il sistema dei gangli della base avrebbe il compito di facilitare le aree corticali in cui è conservata la memoria del gesto volontario (memoria procedurale) e di inibire le altre aree che potrebbero mettere in atto gesti opposti o interferenti con il gesto volontario.
Nel porre in atto questi fenomeni di facilitazione e di inibizione i gangli della base sono organizzati in due circuiti complessi, partenti entrambi dallo striato, ma da parti diverse di esso: un circuito indiretto, attraverso il globo pallido laterale e il nucleo subtalamico del Luys, che ha il compito di aumentare l’inibizione che il globo pallido mediale esercita sul talamo, e un circuito diretto che va dallo striato direttamente al globo pallido mediale, riducendo l’attività inibitoria che il pallido mediale esercita sul talamo, disinibendo, ossia facilitando il talamo.
Il talamo ha sempre la funzione di facilitare l’attività delle aree della corteccia cerebrale, pertanto, il circuito indiretto avrebbe il compito di inibire i gesti opposti o interferenti con il gesto volontario (o i comportamenti motori inappropriati); il circuito diretto avrebbe il compito di facilitare il gesto volontario motorio, o di favorire un comportamento motorio protratto (ad esempio, il cammino).
È importante quindi che sia mantenuto l’equilibrio tra stimolazione ed inibizione delle strutture coinvolte.
La sostanza nera è coinvolta nel controllo di entrambi i circuiti: circuito diretto, eccitatorio e circuito indiretto, inibitorio. Le parti dello striato deputate al controllo dei gesti da facilitare e da inibire sarebbero diverse, entrambe però ricevono l’afferenza dopami-nergica della sostanza nera compatta.
Questa afferenza dopaminergica ha però due diversi effetti: sulla parte dello striato coinvolto nella via diretta l’afferenza dopaminergica della sostanza nera è eccitatoria, sulla parte dello striato coinvolto nella via indiretta, l’afferenza dopaminergica è inibitoria.
L’attività normale dei neuroni della sostanza nera è quello di controllare i movimenti tramite la liberazione di un neurotrasmettitore, la dopamina, nello striato. Le cellule dello striato (neuroni spinosi), a loro volta, trasmettono il messaggio della dopamina, attraverso i circuiti neuronali al talamo e questo alla corteccia cerebrale, la quale utilizza le informazioni come guida per regolare il comportamento finale dei muscoli.
Ma se i neuroni che producono dopamina muoiono, il livello della dopamina si abbassa rendendo meno efficiente l’intera rete motoria e compromettendo l’attività dell’individuo.
Dato che il danno alla sostanza nera è responsabile di gran parte dei sintomi nella malattia di Parkinson, le indagini si sono concentrate su quest’area.
Nel morbo di Parkinson, scomparsa l’attività esercitata sullo striato dalla sostanza nera, l’azione della via diretta viene ridotta (ipoattivazione della via diretta), diventando per questo difficile favorire i comportamenti motori protratti e determinando quindi la comparsa di bradicinesia che porta al rallentamento dell’attività motoria del paziente; l’azione della via indiretta risulta invece costantemente aumentata e diviene per questo difficile poter temporaneamente sopprimere l’effetto della via indiretta, cioè dell’attività inibitoria che si oppone al gesto volontario.
Ciò spiega quanto sia difficile per il malato superare lo stimolo inibitore quando deve passare da una posizione ad un’altra. Ne risulterebbe l’acinesia e forse la rigidità.
Di contro, nel caso delle malattie ipercinetiche (Corea di Huntington), una iperattività della via diretta, eccitatoria, e una riduzione dell’attività della via indiretta, inibitoria, porta ad una esaltazione dell’attività talamica sulla corteccia cerebrale.
I NEURONI
Le cellule nervose, o neuroni, sono separate l’una con ‘altra da un piccolo spazio (sinapsi) e comunicano fra di loro attraverso sostanze chimiche che fungono da trasmettitori.
DOPAMINA
Il neurotrasmettitore (la dopamina) liberato dalla cellula nervosa, attraversa la sinapsi e si lega ai recettori situati sulla superficie della cellula vicina dando luogo ad una serie di reazioni che permettono il trasferimento dell’informazione.
Come abbiamo già detto, si pensa che le discinesie siano causate dalla stimolazione intermittente (pulsatile) dei recettori post sinaptici dopaminergici, dipendente dalle variazioni della concentrazione della levodopa nel sangue.
Per quanto riguardo queste manifestazioni di fisiopatologia del movimento, bisogna considerare che
esiste già una grave denervazione dopaminergica e che ci sia stata già una preventiva esposizione alla levodopa.
Questo è un aspetto caratteristico.
Tanto è vero che si è visto da studi controllati, che somministrando all’inizio della malattia i dopaminoagonisti che abbiano una emivita farmacologica più prolungata, le discinesie comparirebbero molto più tardivamente.
L’esecuzione ed il controllo dei movimenti
richiedono buon funzionamento ed equilibrio
tra i circuiti cerebrali utilizzanti i diversi
neurotrasmettitori.
Le cause delle discinesie potrebbero essere la conseguenza dell’esposizione dei recettori post-sinaptici a livelli continuamente fluttuanti di dopamina derivanti dall’assunzione discontinua di levodopa.
Sta di fatto che la sinapsi dopaminergici striatale è alterata nei suoi aspetti postsinaptici.
Lo striato serve per integrare inputs che sorgono dalle proiezioni corticali glutamatergiche e da proiezioni nigrali dopaminergiche.
Il maggior neurone dello striato è il neurone di proiezione spinoso medio, ha dendriti ramificati che sono densamente provvisti di spine, che sono l’obiettivo degli “inputs” glutamatergici (segnali mediati dall’acido glutammico come neurotrasmettitore) provenienti dalla corteccia cerebrale e talamo.
Il neurone spinoso striatale medio riceve anche come abbiamo detto gli impulsi dopaminergici dalla sostanza nera.
Tali stimolazioni dopaminergiche innescano nei neuroni striatali postsinaptici meccanismi cellulari, che coinvolgono sistemi enzimatici funzionali (definiti come II e III messaggeri cellulari, per distinguerli dal I messaggero, il neurotrasmettitore sinaptico, in tal caso la dopamina) che vanno ad informare il nucleo della cellula neuronale della presenza o meno della dopamina a livello della sinapsi; in seguito a tale informazione il nucleo modifica geneticamente la “espressione” (cioè il numero) e quindi la sensibilità farmacologica alla dopamina dei recettori dopaminergici posti sulle membrane delle cellule neuronali post-sinaptiche, cioè dei neuroni spinosi dello striato.
I recettori striatali dopaminergici sono dunque centrali nella patofisiologia delle discinesie farmaco indotte.
La dopamina trasmessa dalla sostanza nera allo striato agisce primariamente su due differenti sottotipi di recettore per il neurotrasmettitore dopamina: D1 e D2 tipi che sono accoppiati a differenti “proteine G” (secondi messaggeri) per rispettivamente stimolare o inibire l’”adenil ciclasi” (enzima connesso al II messaggero) nei suoi segnali di traduzione a cascata.
Sono recettori segregati per separare popolazioni di neuroni striatali (spinosi), che possono da se stessi caratterizzare in modo opposto l’intero output dei gangli basali, che come abbiamo visto nella descrizione precedente può liberare o inibire la attività del talamo sulla corteccia cerebrale.
I due principali tipi di recettori per la dopamina sui neuroni spinosi striatali sono il recettore Dopamina 1 (D1) e il recettore Dopamina 2 (D2).
La funzione di modulazione delle vie diretta e indiretta del circuito motorio si estrinseca mediante l’interazione dei recettori D1 e D2.
In caso di denervazione dei neuroni avremmo una minore attivazione dei recettori D1 e una sovrastimolazione dei recettori D2, creando una complessa serie di modificazioni nel circuito funzionale dei gangli della base con una serie successiva, ma alterata, di fatti inibitori e di stimolo.
La disregolazione a tale livello modifica l’equilibrio tra la via diretta e indiretta e quindi tra i relays inibitori ed eccitatori.
Vicino ai recettori dopaminergici si trovano i recettori per il glutammato che accentuano la sensibilizzazione del neurone spinoso striatale.
La stimolazione dopaminergici intermittente non fisiologica attiva segnali di traduzione sui neuroni
striatali spinosi medi, portando ad una aumentata fosforilazione delle sub unità NMDA, recettori posti sulle spine dendritiche (Long Term Potentiation, fenomeno molecolare di memoria cellulare).
Come risultato questi recettori divengono più sensibili all’input glutamatergico cortico-striatale che è tradotto clinicamente nelle fluttuazioni motorie e nelle discinesie.
A causa della denervazione dopaminergica, si esalta perciò quella che è l’attività glutamatergica.
Il neurone spinoso, ricevendo gli input dalla corteccia cerebrale, risponde in maniera esagerata all’impulso corticale.
Gli elementi fondamentali che causano le discinesie sono quindi legati ad un mancato equilibrio funzionale tra i recettori D1-D2 e dall’iperattività glutamatergica del neurone spinoso striatale.
Molte cose non le conosciamo ancora, la ricerca sta procedendo.
Nella figura sono illustrate schematicamente le strutture
cerebrali che determinano l’apprendimento di tipo motorio.
Dette queste cose, quali sono le condotte terapeutiche?
Le strategie terapeutiche per controllare le discinesie sono :
I – Preventiva
II – Depressiva
III – Soppressiva
Una delle s t r a t e g i e consigliate per prevenire l’insorgenza delle discinesie è di posticipare, nelle prime fasi di malattia, l’uso di levodopa.
Da studi controllati è risultato utile nei soggetti più giovani iniziare la terapia con farmaci dopaminoagonisti.
Si può cercare di sopprimere la presenza delle discinesie attraverso un uso più attento alla minima dose efficace della levodopa, valutata sulla base della risposta clinica.
Dovrebbe essere considerata ottimale la dose di levodopa in grado di controllare il periodo di blocco motorio senza tuttavia causare eccessive discinesie.
Le indicazioni fornite dal paziente sul suo stato motorio alle diverse ore del giorno (presenza di discinesie, di fluttuazioni motorie), rilevabili da un diario di autovalutazione, aiutano il medico a personalizzare meglio il trattamento
Un’altra modalità da seguire è di sostituire buona parte della dose di levodopa con un dopaminoagonista che abbia una durata di azione molto più lunga, come la cabergolina che ha una emivita plasmatica di circa 65 ore. Con una sola somministrazione di cabergolina si riesce a non dare più una stimolazione pulsatile ai recettori D1- D2. Anche l’aggiunta di selegilina o di un inibitore della COMT può in questi casi risultare utile per fornire una stimolazione dopaminergica quanto più stabile possibile. Per avere, infatti, un miglioramento delle discinesie e delle fluttuazioni motorie è necessario che la stimolazione dopaminergica sia più protratta, sia maggiormente costante.
Quando la risposta del paziente alla levodopa si dimostra particolarmente variabile e spesso si accompagna a discinesie, si possono somministrare dosaggi più bassi ma più frequenti di levodopa allo scopo di ridurre la disabilità inter-dose.
La somministrazione di antagonisti di un subtipo di recettori glutamatergici, i recettori NMDA (N-methyl-Daspartato), determinerebbe una riduzione dell’iperattività talamica, per blocco degli inputs glutamatergici della corteccia allo striato (“neuroni spinosi” come abbiamo già visto).
L’amantadina che è un vecchio farmaco della farmacopea delle prime fasi della terapia del morbo di Parkinson, è risultata avere una azione antiglutamatergica e quindi può essere utilmente impiegata nella terapia delle discinesie.
La terapia soppressiva delle discinesie, storicamente, in passato si è realizzata con interventi di lesione (talamotomia e la pallidotomia), più recentemente con la neurostimolazione profonda del talamo, del globo pallido e subtalamo che, in maniera quasi paradossa, riescono ad inibire l’espressione delle discinesie agendo sul segnale che arriva al talamo.
La pallidotomia consiste nella lesione della porzione ventroposterolaterale del globo pallido interno. La pallidotomia blocca tutte le discinesie indotte da levodopa poiché, probabilmente, blocca quel tipo di messaggio neurochimico che porta alla supereccitabilità del segmento interno del globo pallido ed alla conseguente iperinibizione della via che va dal talamo alla corteccia. Disattivando nel circuito motorio il messaggio chimico alterato, si ha un blocco delle discinesie, riuscendo anche ad eliminarle. Molto interessanti sono i dati ottenuti dalla stimolazione cerebrale profonda.
In alternativa alle tecniche di lesione come la pallidotomia, negli ultimi anni è stata sviluppata la stimolazione cerebrale profonda del talamo, del globo pallido e del subtalamo con l’impianto di elettrodi.
In particolare, l’attività del nucleo subtalamico mima l’azione terapeutica della levodopa.
Le discinesie peggiorano se il nucleo subtalamico viene stimolato, in presenza di una elevata dose di levodopa; mentre se la stimolazione del nucleo subtalamico avviene in maniera continuativa, riducendo la levodopa, il fenomeno delle discinesie può regredire.
Il circuito neuronale del soggetto si desensibilizza e ripristina quello che è l’aspetto di base che presenta al “firing” (l’effetto di attivazione) della levodopa.
Con la stimolazione continua del nucleo subtalamico attraverso gli elettrodi impiantati si ottiene un
miglioramento dell’acinesia che consente di diminuire il dosaggio di levodopa, con conseguente riduzione delle discinesie indotte dalla stessa levodopa.